Il Segreto

Riti e storie di scugnizzi nel cuore dei Quartieri Spagnoli

Ciop&kaf è lo pseudonimo di un noto duo di writers napoletani, che con la loro prima regia cinematografica, il sorprendente documentario Il Segreto (menzione speciale al 31° Torino Film Festival; miglior opera prima al Festival Cinéma du Réel), prosegue e persegue una sorta di missione poietica di ri-scoperta e di ri-conquista degli spazi urbani dismessi o esposti al degrado e al disagio sociale della propria città.

Non solo denuncia clandestina, stigmatizzata dai murales sulle pareti delle abitazioni fatiscenti, nei sottopassaggi e sulle rovine della periferia industriale, ma un vero e proprio manifesto programmatico di auto-rappresentazione della collettività. Un cortocircuito dell’osservazione partecipata e itinerante tra gli autori che ritraggono le inquietudini dei luoghi, e gli abitanti che si interrogano nel riconoscersi, così come immortalati, grottesche maschere antropomorfe in cerca di interpretazione. Nel loro seguitare a riscrivere la città, sui cosiddetti quartieri – fogli, così come dagli stessi ribattezzati, Ciop&kaf sembrano quasi richiamare alla mente la medesima intuizione che Italo Calvino confidava in prima persona nella prefazione de Le città invisibili: “Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili”. “immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono nelle città infelici”. Dissimulazioni, che ad addentrarvici rivelano un intenso microcosmo.

Se il Segreto indagato e svelato è infatti un non – luogo, un cantiere abbandonato nel cuore dei Quartieri Spagnoli di Napoli, l’essenza recondita, al contempo più astratta e pragmatica, portata alla luce nel lungo e frenetico girovagare per le strade, di cui si costituisce il film, è in realtà il mistero del brulicare sovversivo che l’ammanta. Lo spaccato restituitoci in una riproposizione più che aderente, si direbbe simbiotica della realtà filmata, è infatti l’impresa di una banda di ragazzini del quartiere, scatenatisi, a ridosso dell’epifania, nella raccolta ossessiva e nell’occultamento serrato di alberi natalizi ormai disfatti, da bruciare nell’antico rito popolare del cippo di sant’Antonio. Tuttavia, la celebrazione della tradizione, che da sempre coinvolge i bambini nel “fare gli alberi”, si palesa subito come pre-testo, un retaggio del culto propiziatorio religioso, che ha poco a che vedere con l’estremo investimento emotivo dei ragazzini stessi: esplosione di incontenibile impazienza, gioia e rabbia immensa, per ogni albero recuperato o perso. Perché in ballo ci sono la rivalità tra bande dei quartieri limitrofi, l’affronto, la sfida, la gerarchia, il primato sui rioni, che spetta a chi appicca il fuoco più alto. Il miasma di arroganza e prepotenza, il dispregio delle regole, fuorché dei codici non scritti dell’onore da farsi già a dieci anni o poco più, si respira nell’aria. Si peccherebbe di falsa ingenuità se non si cogliesse il pericolo, evidente e in parte già dichiarato, della deriva criminale minorile, eppure sarebbe questa forse solo la punta più esposta e retorica di una realtà viscerale e complessa, che il film si prende la responsabilità estetica di sublimare nella narrazione visiva. Paradossalmente e forse al di là delle intenzioni degli autori, a marcare la scena è proprio quel realismo magico, tipicamente partenopeo, che porta la mente a fantasticare, come avrebbe fatto Calvino, su una città in cui i bambini sono branchi di gatti randagi, liberi di andare e venire di giorno come di notte, emancipati anche quando domestici; con slancio felino balzano in cima ai muri, attraversano cornicioni incuranti delle altezze, si arrampicano sui parapetti, si intrufolano nei sotterranei, rovistano tra i rifiuti, sbucano di scatto dai bidoni. Attraggono l’attenzione dei passanti per circuirli a loro vantaggio, soprattutto si difendono tirando fuori gli artigli. Graffiano. La gente li osserva da lontano con riguardo, incurante di dove vengano, dove vadano, cosa facciano, li scaccia o li avvicina guardandosene bene. Animali sinistri, eppure vezzosi, amabili. Bambini, germoglio “segreto” degli adulti che saranno.

Autore: Carmen Albergo
Pubblicato il 17/09/2014

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