Lovelace

Il tentativo di Linda Lovelace, alias Linda Boreman, già signora Traynor, di raccontare alla fine degli anni Settanta la vera storia dietro il suo ruolo nel film pornografico più famoso di tutti i tempi incontrò il rifiuto degli editori che si aspettavano una storia piena di sesso e ricevevano invece una lunga trafila di violenze fisiche, psicologiche e sessuali ben poco sexy. Troppo difficile separare la star dell’orgasmo orale da un’idea di felicità carnale fondata sulle più scatenate pratiche erotiche; troppo facile liquidare le accuse dell’attrice, una volta liberatasi dal peso di un marito violento fino al sadismo più insopportabile, come un “se non si è ribellata, vuol dire che in fondo le andava bene”.

Lovelace arriva quasi 10 anni dopo il documentario Inside Gola Profonda, che analizzava nel dettaglio l’effetto dirompente avuto da un filmetto a basso costo (girato in una settimana del 1972) sulla cultura americana e i costumi sessuali del suo tempo andando a toccare l’argomento delicato della libertà di pensiero – il film venne vietato in molte città e il suo attore protagonista incriminato per oscenità – similarmente alle vicende dell’editore di riviste per adulti Larry Flynt, la cui lotta per il proprio diritto di parola era già a suo tempo raccontata da Milos Forman in Larry Flynt – Oltre lo scandalo. A prescindere però dal dibattito etico, rimaneva la storia di Linda, una ragazzina in fuga dalla madre violenta e repressiva, che si era buttata fra le braccia del primo uomo che le aveva promesso uno scampolo di libertà per poi imprigionarla, a furia di botte e pistole puntate alla tempia, in una lunga escalation di prostituzione, abusi e umiliazioni mentali fino a farla debuttare a forza nella pornografia. La vera Gola Profonda fu la maledizione e insieme l’inizio della liberazione per la donna, che pur da allora marchiata a vita nel ruolo di ninfomane con clitoride in gola costretta alla fellatio per raggiungere l’orgasmo, grazie alla crescente popolarità riuscì a fuggire dal marito che l’aveva costretta a sposarla – sempre con minacce ed esibizione di armi – solo per potersi assicurare una moglie che in quanto tale non potesse legalmente testimoniare contro di lui.

Nel film l’orrore delle sue vicende viene addolcito da un doppio racconto, la vita di Linda come appariva in superficie, bella, disinibita e felice, e il lato nascosto delle violenze tra le mura di casa, i lividi nascosti dal fondotinta, le tentate fughe mai riuscite. In realtà, a leggere l’autobiografia Gola Profonda – Una storia profonda, non ci dovrebbe essere traccia nemmeno di quei brevi attimi di leggerezza che i due registi Jeffrey Friedman e Robert Epstein riportano sullo schermo; ma se, per pudore o censura, la pellicola riporta una minima parte delle crudeltà mentali e fisiche subite dall’attrice, è certamente molto abile a ricostruire il sentimento di paura che come una rete si dipana intorno alla protagonista finendo per paralizzarla. Perché una donna che subisce violenza non si ribella? La risposta di Linda è chiara: perché ha paura di morire e crede non ci sia via di uscita. Una madre che la manda al diavolo anche di fronte al dettagliato elenco di violenze descritto dalla figlia, l’impossibilità di essere da sola anche solo per un momento, e infine, una lenta degradazione fino a non riconoscersi più un essere umano che esaurisce ogni spinta vitale che non sia la pura sopravvivenza. La punizione finale di Chuck Traynor, del tutto assente nei ricordi della donna, sembra un’esigenza di catarsi che il film si sente in dovere di offrire ai propri spettatori, così come quei lampi di luminosità che illuminano una pellicola che forse altrimenti sarebbe risultata troppo negativa per aver un buon riscontro in sala. Niente che tolga merito alla bravura degli autori, che già si erano distinti per l’ottimo film-poema Urlo sull’omonimo testo di Allen Ginsberg e le conseguenti vicende giudiziarie: però sarà giusto essere consapevoli, guardando Lovelace, che si è di fronte a un’opera che racconta solo una minuscola porzione di tutto il dolore che ci fu realmente.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 18/08/2014

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