Pasolini/Ferrara - Cinema corsaro
In difesa di una visione del cinema (e quindi del mondo, direbbe Truffaut) mai come oggi preziosa e necessaria, che rifiuta qualsiasi compromesso offrendosi con generosità agli occhi degli spettatori.
Sin dalla presentazione in anteprima mondiale al Festival di Venezia, Pasolini di Abel Ferrara ha spaccato il fronte della critica, soprattutto italiana, invitata a prendere una posizione netta sul film. Una sorta di chiamata alle armi che noi di Point Blank non potevamo non accogliere. Si badi bene, non in favore di Abel Ferrara e del suo glorioso passato cinematografico, come qualcuno potrebbe obiettare, ma più in generale in difesa di una visione del cinema, e quindi del mondo, direbbe Truffaut, mai come oggi preziosa e necessaria, che rifiuta qualsiasi compromesso offrendosi con generosità agli occhi degli spettatori. Un cinema che si mette costantemente in gioco, invitando chi ha di fronte a fare altrettanto. Un cinema che rischia fino all’ultima inquadratura per rivendicare la singolarità dello sguardo che lo sostiene e la necessità di continuare a credere, malgrado tutto e tutti, in questa maledetta cosa che ci ostiniamo a chiamare cinema. Non ci stupiscono le reazioni becere e le posizioni più oltranziste espresse contro il film da alcuni esponenti della “giovane” critica online, talmente supponenti, in alcuni casi, da autoproclamarsi difensori della memoria pasoliniana in nome di quella visione distorta e malintesa dell’intellettuale che è andata consolidandosi dagli anni Ottanta ad oggi, e di cui è stata responsabile in primo luogo la sinistra italiana.
Ad infastidire del film di Ferrara non è stato l’approccio anti-biografico e anti-dogmatico, bensì l’interrogativo che attraversa in filigrana la narrazione e che ha inchiodato tutti davanti all’assenza di risposte coerenti. E’ possibile raccontare la vita e le opere di Pasolini? Se si, attraverso quale forma? Quella del film storico, biografico o saggistico? Quale periodo andrebbe poi eventualmente privilegiato? Quello dell’adolescenza, riconducibile a Bologna e Casarsa della Delizia, oppure quello della maturità, riferibile, come ha ricordato la deludente mostra di qualche mese fa, a Roma? E ancora: è possibile includere in un solo film tutta la produzione artistica di Pasolini? E poi: come filmare la complessità del pensiero? Come porsi davanti agli aspetti più controversi della vita privata? Da qui la forma “problematica” e selvaggiamente corsara che ha assunto l’opera ferrariana: non una semplice trascrizione per immagini della vita di Pasolini, ma un’opera aperta, un work in progress costantemente in divenire, affacciato sul presente più che rivolto al passato. Ferrara mette quindi in scena l’ultimo giorno di Pasolini sulla terra rivolgendosi agli spettatori di oggi, invitandoli a non vivere di ricordi ma a considerare il pensiero pasoliniano come un discorso più che mai vivo e contemporaneo che ci riguarda tutti.
Abbiamo scelto allora di dedicare al film la nostra prima copertina mensile, proponendo tre letture alternative che dialogano segretamente a distanza. Alessandro Gaudiano rintraccia nell’opera di Ferrara una meta-forma capace di rappresentare la crisi permanente, ontologica, del cinema e del reale. Fabiana Proietti riflettere su questa forma animata da uno spirito corsaro, e dunque intimamente pasoliniana; mentre il sottoscritto individua nei frammenti del Porno-Teo-Kolossal i germi della rinascita del cinema di Pasolini nel mondo di oggi. Buona lettura.