Pose

Prima di essere uno spaccato dedicato agli anni '80 più invisibili e ignorati, la nuova serie di Ryan Murphy è un'operazione politica di importanza miliare, capace di unire immaginario e attivismo.

Pose - recensione serie tv Murphy

1987, New York. L'HIV è una minaccia reale, Donald Trump ancora no.
La comunità LGBT di colore, latina e afroamericana, si incontra nelle ballroom dove le varie house si scontrano a colpi di danza, drag e voguing. Ogni house è capitanata da una mother che si prende cura dei propri figli e figlie ma Elektra, la mother della House of Abundance, non è proprio un esempio di quello che si può considerare cura e amore materno, seppur simbolico: inizia dalla ribellione verso di lei, quindi, il percorso di autodeterminazione e sopravvivenza (come donna, trans, latina e sieropositiva) di Blanca e della sua House of Evangelista.

Da molti punti di vista Pose, la nuova serie di Ryan Murphy, Brad Falchuk e Steve Canals, è una pietra miliare, un'opera che segna un prima e un dopo, in particolare per quanto riguarda il suo ruolo nella rappresentazione mediatica delle minoranze (un processo produttivo che diventa processo politico) prima ancora che per la sua effettiva efficacia come serie tv.
Il cast della serie, infatti, è composto in gran parte da persone LGBT di colore e latine, così come lo sono le protagoniste finzionali, personaggi trans incarnati da interpreti trans che possono così mostrare in maniera orgogliosa la propria identità – una scelta lontanissima dalle polemiche su Scarlett Johansson e Jared Leto, attori cisgender, cioè non trans, che interpretano personaggi trans.

Come per molte serie di Murphy, la struttura narrativa parte dal melodramma e pone al centro un discorso sulla famiglia, anzi su diversi nuclei familiari; rispetto a questi Pose privilegia una messa in scena della loro identità attraverso lunghe e avvincenti gare di ballo rispetto a intrecci narrativi forti e a una narrazione realmente corale (che invece, riesce bene a un'altra serie relazional-femminile come Orange Is the New Black). Sull'altare della politica è in parte sacrificato anche il finale, in cui ogni personaggio si trova a fare la scelta perfetta per creare una sorta di nuovo ordine familiare e i conflitti si appianano grazie al buon senso e all'amore, come in una favola. D'altronde, che fosse una favola l'ha ammesso lo stesso Murphy citando Cenerentola, con la povera Blanca vessata da Elektra e le sue sorellastre cattive.

In ogni caso plot e subplot poco adrenalinici non abbassano troppo la soglia d'attenzione dello spettatore, dato che la forza di Pose risiede tutta nei personaggi (nonostante risultino lievemente appiattiti nei  ruoli madre/figlia e in quanto personaggi gender variant): nessun vittimismo, nessuna narrazione patetica dell'esperienza trans come sofferenza ed espiazione, come quelle che siamo abituati a vedere in praticamente ogni prodotto televisivo a tema trans; anzi, in Pose si va a testa alta e tette in fuori, con tanta sorellanza e solidarietà reciproca e via a trovare un proprio posto nel mondo e a vincere premi.

Il postmoderno di Pose non è quello di American Horror Story, con movimenti di macchina stordenti o miscele di cinema di genere, quanto piuttosto la ricreazione mimetica di quegli anni '80 che negli anni '80 non abbiamo visto, come forse nemmeno i loschissimi anni '80 di The Americans o quelli iperreali e iper-glam di GLOW. Lo show ripropone certamente alcune narrative chiave del decennio, come il mito americano dell'autopoiesi attraverso la danza o il capitalismo, ma lo fa ribaltando il punto di vista e mettendo in scena con una doppia messa in scena i conflitti tra società WASP e la popolazione di colore e trans, che deve fare i conti con l'HIV come epidemia socialmente accettata e l'incapacità di integrarsi.

E siamo noi spettatrici e spettatori la coppia bianca borghese, l'amante di Elektra, il barista gay, noi che dobbiamo fare i conti con l'attrazione/repulsione per il rombante e maschio capitalismo yuppie e per l'erotismo candido di Angel, con la presenza forse inopportuna, sicuramente cocciuta di Blanca in un bar gay e con quel piccolo particolare anatomico chiamato pene che condiziona tutto, amore lavoro salute.

Nella puntata da lei diretta Janet Mock, attivista e giornalista trans e di colore, ha voluto però trasformare il conflitto in un confronto empatico tra Angel e Patty, amante e moglie, cis e trans.
«Per me l'idea dell'essere donna non è qualcosa che debba essere giustificato; penso che ciò si mostra mettendole insieme è che sono entrambe donne che lottano con la propria identità e in relazione a un uomo che non le tratta bene. […] Sono le stesse domande con le quali noi stesse dobbiamo fare i conti quando dobbiamo condividere i nostri corpi con le persone intorno a noi. [For me the idea of womanhood is not one that needs to be justified; I think that what it shows by placing the two together is that they’re both women grappling with their own sense of identity and in relationship with a man who’s not treating either of them right. ... It’s all the same kind of questions that we all have to grapple with when it comes to sharing our bodies with those around us]». - Così Janet Mock in un’intervista a The Glow Up.

Janet Mock è arrivata a Pose prima come producer per tutte le puntate, poi come co-sceneggiatrice (insieme a Our Lady J, già nel team di Transparent) e poi come regista di un episodio, la prima donna trans di colore a girare una puntata di una serie TV. In assoluto la prima trans è stata Sydney Freeland, che ha diretto un episodio di Grey's Anatomy oltre che la webserie Her Story, scritta dall'autrice e attrice trans Jen Richards e dove compare Angelica Ross, che in Pose fa la parte della cattiva ma che nella vita ha fondato un incubatore professionale per talenti trans.

Del resto la narrazione di Pose funziona anche grazie al suo reale retrotesto di attivismo, grazie all'impegno di Ryan Murphy e della sua fondazione Half, dedicata all'inclusione di donne e minoranze, che ha coinvolto nella produzione della serie 140 persone trans tra attori e crew e 35 personaggi LGBTQ+, praticamente più di metà delle persone del team. Murphy ha donato inoltre il proprio compenso a organizzazioni a sostegno di persone trans e gender non conforming come l'Audre Lorde Project e il Sylvia Rivera Project.

Tutto ciò a dimostrazione di quanto, al di là del mero valore artistico della serie, la produzione di Pose abbia un grande valore politico, in un paese dove la popolazione trans ha una percentuale di disoccupazione tre volte maggiore rispetto alla popolazione cis, in cui la discriminazione è ancora elevatissima e l'informazione su tutto quello che riguarda la sessualità ha ancora molta strada da fare.

Autore: Antonia Caruso
Pubblicato il 19/09/2018

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