Torino 2020 / Antidisturbios (ep. 1 e 2)
L’immagine come oggetto contundente, tutto il peso della macchina da presa che impatta contro il reale e scava nelle contraddizioni e interstizi del corpo sociale. A giudicare dai primi due episodi, Rodrigo Sorogoyen firma una delle grandi serie del 2020.
Immaginate un Don Siegel ai tempi del cinema digitale, dotato di macchina da presa agile, lo sguardo che oltre il rigore del classicismo precipita tra i corpi, gli scudi, i manganelli e le visiere, impatta sui volti, tra gli sputi e il sudore, gli oggetti lanciati che volano da una parte all’altra della barricata. Immaginate il cinema urbano, stradale, affamato di un Friedkin anni 70, quell’ambiguità che rompe gli schemi e le organizzazioni manichee dell’orizzonte morale lasciando che i fluidi si mescolino, che la prospettiva si complichi, si ispessisca di contraddizioni e passioni che rendono difficile il giudizio, chiamando a raccolta la scelta, l’idea. La necessità di riflettere sul reale, sul corpo sociale e i suoi interstizi, le sue antinomie. Immaginate che un canale pay-tv spagnolo, Moviestar+, eserciti la volontà illuminata di lasciare mano libera a Rodrigo Sorogoyen e Isabel Peña, rispettivamente regista e sceneggiatrice di razza, dal talento vero, e che da questa libertà nasca una miniserie che è distillato di genere purissimo, iniezione di adrenalina, calamita per lo sguardo. Ecco, se riuscite a tenere a mente tutte queste cose siete vicini a immaginare la sensazione suscitata dai primi due episodi di Antidisturbios, la serie presentata nella caleidoscopica sezione di genere del Torino Film Festival, Le Stanze di Rol. Com’è noto l’attuale emergenza sanitaria ci obbliga a una fruizione atomizzata, casalinga di queste immagini. Durante la visione, e ancora adesso a occhi e mente fredda, si fa fatica a immaginare l’emozione che avrebbe suscitato l’esperienza su grande schermo.
Suddivisa in sei episodi, la serie racconta di un disgraziato tentativo di sfratto e delle sue conseguenze sul corpo di polizia di Madrid. Il focus è una squadra di antidisturbios, sei agenti dell’antisommossa madrilena chiamati a sgomberare una famiglia con difficoltà economiche. Lo stabile è semi abbandonato, eppure molto presto la situazione degenera, l’adrenalina pompa nelle vene, corpi e muscoli si gonfiano, impattano. Tra grida, minacce ed esplosioni di violenza ci scappa il morto. Di chi è la colpa?
Disgraziatamente abbiamo avuto modo di vedere solo i primi due episodi di questo poliziesco urbano, un progetto curato da uno dei nomi più promettenti del nuovo cinema europeo, lo spagnolo Rodrigo Sorogoyen, che scrive assieme alla collega Peña e dirige tutte le puntate. E come le dirige. Perché Antidisturbios non è soltanto un esempio brillante di architettura seriale, in cui ogni episodio attira il focus su un agente mentre dispiega le fila narrative in un movimento espansivo che abbraccia i vari personaggi, costruisce le relazioni e gli interessi in campo e poi, inevitabilmente, converge. Antidisturbios infatti è anzitutto immagine, è il corpo dell’immagine che prende peso e scende in strada, tra altri corpi e geometrie spezzate, è la macchina da presa usata come oggetto contundente per colpire ancora e ancora e ancora la superficie del reale, fino a che da quelle incrinature e crepe non emerge qualcosa del vero. Scomodo sicuramente, ma vero. Valorizzando la scelta del grandangolo su insistiti primi piani, Sorogoyen dispiega una galleria di volti deformati, schiacciati davanti allo spettatore, figure che incombono e riempiono l’immagine dettando in ogni momento e situazione, anche una partita di Trivial in famiglia apparentemente innocua, una temperatura emotiva da thriller psicologico. Non lascia respiro Antidisturbios, con le sue immagini così dense e immanenti che riflettono un orizzonte narrativo in cui non ci sono soluzioni facili o scorciatoie dalla complessità del reale. Non vediamo l’ora di mettere mani e occhi sul resto degli episodi, ma già questo è sufficiente a indicare l’ultima fatica di Sorogoyen come uno dei grandi progetti seriali del 2020.