Si apre con 1942 di Feng Xiaogang la terza giornata del festival capitolino. Presentato in anteprima mondiale, questo kolossal lascia respirare tutto il clima di tensione che lo ha preceduto, fin dall’alone di mistero che circolava tra le poltrone di questa settima edizione, relegando l’opera del regista cinese nell’area del film a sorpresa, una rivelazione dello stesso Müller a pochi giorni dall’avvio della kermesse. Un film scomodo, questo 1942, che rilegge il passato con l’occhio del futuro, lanciando uno sguardo critico al presente per denunciare una situazione stretta nella morsa del bavaglio. È l’anno in cui la Cina viene sconvolta da una della più grandi tragedie. La carestia si abbatte su un popolo, mietendo tre milioni di vittime nella provincia di Henan, mentre il governo preme a celarne la gravità, sorridendo tra parate e riunioni di vertici.
La guerra tra le truppe giapponesi e l’esercito cinese è a un passo dallo scoppio. Le razioni di cibo vengono deviate dalla popolazione ai soldati. L’indifferenza dell’esercito di Pechino colpisce un intero popolo, privandolo di ogni risorsa, persino dell’umanità stessa. Xiaogang rivela una verità mai ammessa al mondo, abbattendo quegli ostacoli che per tre anni avevano messo a tacere la sua voce. Le immagini incalzano crude la coscienza dello spettatore, accompagnate da una fotografia plumbea, solo a tratti sporcata dal rosso della morte. 1942 spinge per sensibilizzare attraverso una struttura drammaturgica che intende sposare la dimensione corale a quella individuale. Il tema forte unito al lento incedere di eventi, grigi nella loro brutalità, rischia di gravare sull’opera complessiva, tanto corposa quanto distaccata e fredda. Milioni di rifugiati fuggono verso la provincia dello Shaanxi, tentando la sorte attraverso la fame, il freddo, la perdita e la resistenza. Il proprietario terriero Fan, insieme alla figlia, al servitore e alla sua fittavola si uniscono ad una flotta umana in cammino per la sopravvivenza. Il suo viaggio intreccia i passi del giornalista americano Theodore White, che tenta un’appassionata documentazione delle condizioni miserabili in cui versa la CIna, bussando alle porte dei piani alti, sordi alle richieste di soccorsi se non per coprire le critiche e mantenere le apparenze. Molti perdono la fede, alcuni si nascondono dietro un ultimo desiderio carnale, altri ancora si lasciano vincere dalla disperazione. La maggior parte impreca la morte e pochi continuano a conservare quella dignità che li fa sentire ancora uomini. Banditi, battaglie, violenza e tormento parlano di un esodo di portata epica attraverso le ampie vedute innevate, dove tra fumi di guerra e detriti si spargono individui inghiottiti dalla desolazione.
Al cast cinese all-star, rappresentato da Xu Fan e Zhang Hanyu tra gli altri, si aggiungono due star hollywoodiane, il premio Oscar Adrien Brody nei panni del giornalista White e Tim Robbins, che interpreta un prete cattolico sopraffatto da dubbi e incertezze. Rinomato regista di fama nazionale, Feng Xiaogang fa parlare di sé tra le fila romane, amato in patria quanto osteggiato da questioni di politica interna che inevitabilmente pesano anche sul fronte italiano. Autore di commedie, melodrammi e action movie di successo, aveva battuto i record di incassi nel 2008 con la commedia romantica If You Are The One, divenendo uno dei più visti in Cina. Tratto dal libro di Zhengyun, Remembering 1942, 1942 traspone la descrizione storiografica in pellicola nel tentativo di ricostruire quello scandalo taciuto considerato oggi “l’Olocausto d’Oriente”. Un film che si impegna a restituire la memoria ad un popolo, nonostante a volte il patetismo di alcune immagini ceda il passo ad campo lunghissimo cui sembra sfuggire il fuoco per scene di massa che vogliono apparire esemplari, finendo per perdere di vista l’individuo.