“La mafia […]non è un cancro proliferato
per caso su un tessuto sano.”
Giovanni Falcone
“[…] Romagna mia, Romagna in fiore,
tu sei la stella, tu sei l’amore… […]“
Romagna mia di Secondo Casadei
È lontana ormai quell’immagine idilliaca e bucolica che ci era stata data (anche a mo’ di pedissequo tormentone) dall’Orchestra di Raoul Casadei, che ha riproposto come cavallo di battaglia per decenni la canzone scritta dal padre Secondo. Romagna mia è un inno regionale che con il tempo è divenuto solo uno sbiadito acquerello, che probabilmente può rimembrare bene – con annessa lacrimuccia – solo quella Romagna rustica esistente fino alla prima metà del Novecento, ma che l’industrializzazione e la speculazione del Boom economico hanno cambiato radicalmente. Una violenta deflorazione che comunque ha dato i suoi cospicui frutti (economici). E bisogna anche dimenticare quell’immagine fortemente connotata di “Regione rossa”, in cui la lotta politica era veramente sentita e l’Emilia Romagna era una regione periferica dell’URSS, ma solo a livello di profondi sentimenti comunisti. Per non parlare di quelle pellicole corali di ambientazione balneare che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta ci avevano mostrato, tra un seno e una chiappa, una riviera giocosa e caliente (i due Rimini Rimini e i due Abbronzatissimi). Tutto questo però è un lontano passato, una vecchia immagine oleografica ormai doverosamente riposta in un album.
Romagna nostra: le mafie sbarcano in riviera di Francesco Ceccoli in cinquanta minuti spazza via questi luoghi comuni e ci propone violentemente una regione completamente diversa, un black side che non conoscevamo. Criminalità, spaccio, regolamenti di conti e riciclaggio, che trasformano la Romagna in un terreno fertile e redditizio per le mafie. Romagna nostra è strutturato in quattro capitoli, e dette parti si intersecano e vanno a formare un quadro unico di sanguinolenta cronaca criminale. Quella Romagna mia è diventata nostra (e non nel senso di plurale maiestatis) e quel colore rosso si è trasformato come tinta che rimanda al sangue che la macchia. La mafia non è più “ghettizzata” in Sicilia e nel meridione ma, come ci aveva spiegato anche Roberto Saviano, si è espansa ed è andata pure ad insidiarsi nel pantagruelico nord. Ma soprattutto la mafia non è più quella della coppola e della lupara, immagine romantica tramandata cinematograficamente attraverso la pellicola Il Padrino o l’antico In nome della legge di Pietro Germi, ma ha cambiato vesti ed adesso veste immacolati colletti bianchi, e cioè si è insediata nel mondo della finanza. Come affermava Giovanni Falcone, e come riporta la didascalia finale di Romagna nostra: “La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.”
Progetto nato e sviluppatosi attraverso il GAP (Gruppo Antimafia Pio La Torre), che ha raccolto documentazioni e intervistato alcuni personaggi che hanno affrontato questo cancro, il documentario Romagna nostra nasce come tentativo di sintesi di quell’immenso lavoro, che era stato sempre portato avanti con dibattiti e comizi, oltre che attraverso il loro sito. La scelta di realizzare un documentario video è per facilitare la circolazione e fruizione dell’informazione, soprattutto perché le mafie al Nord sono ancora un argomento poco noto o poco affrontato. Francesco Ceccoli, al suo secondo documentario, si occupa dell’assemblaggio del variegato materiale, optando per uno stile concitato. Si direbbe nutrito dal verbo scorsesiano, per via di tre motivi stilistici che gli danno questa forma: il modo in cui vuole mostrare i fatti, con immagini proposte come sventagliate di mitragliatrice; per un montaggio serrato che cerca di condensare il magmatico materiale in quella manciata di minuti; per come decide di strutturare l’argomentazione, partendo dai soldi per poi descrivere i protagonisti delle vicende. Unici momenti di stasi sono le interviste ad alcuni personaggi che si sono occupati della vicenda, per esempio Davide Grassi, co-autore assieme a Davide Maria De Luca del libro inchiesta San Marino SPA; o il Gip Piergiorgio Morosini che spiega gli intrecci mafia-economia.
Romagna nostra è un documentario totalmente indipendente. Per completare la realizzazione (e la futura distribuzione) la casa Produzioni dal basso ha messo sul suo sito la possibilità di ricevere donazioni a chi fosse interessato ad aiutare il progetto. Il documentario, che mostra un argomento inedito, difetta nell’esposizione. Si rimprovera – spesso e volentieri – ai documentari d’inchiesta indipendenti di avere un tono troppo televisivo, ma la scelta di Ceccoli, comunque ammirevole, va troppo oltre. Nella velocità in cui ci vengono fornite le informazioni, molte di queste notizie vanno perse, e le delucidazioni che dovevano esserci date e spiegate si presentano quasi accartocciate. Presentato con buona accoglienza al RIFF 2014, Romagna nostra: le mafie sbarcano in riviera sta continuando per l’Italia il suo giro di informazione.