Unico documentario italiano sul cinema di Terrence Malick, Rosy Fingered Dawn è incentrato sulle prime tre opere del regista statunitense, La rabbia giovane (1973), I Giorni del cielo (1978) e La sottile linea rossa (1998), film piuttosto differenti per le tematiche trattate ma che tuttavia rivelano un’indubbia continuità stilistica, anzitutto nella centralità della descrizione della natura e del paesaggio e in secondo luogo nella dilatazione e nella sospensione dei ritmi narrativi.
Daniele Villa, Luciano Barcaroli, Carlo Hintermann e Gerardo Panichi – autori del documentario e fondatori, nel 2001, della compagnia di produzione indipendente Citrullo Internationl – ritrovano gli sconfinati paesaggi americani de La rabbia giovane e mettono insieme un complesso e interessante mosaico di interviste, inserendo qua e là alcuni brani filmici e addentrandosi in profondità nel nucleo poetico delle opere di Malick. Attori e collaboratori del cineasta, parlando liberamente con entusiasmo e spontaneità, descrivono la loro esperienza sul set, le loro impressioni e le loro emozioni, rievocando la figura di Malick che, come è noto, non concede mai interviste e non ama le apparizioni pubbliche. Le testimonianze raccolte nel documentario si rivelano estremamente preziose per entrare nelle atmosfere del cinema silenzioso e suggestivo del regista texano. Martin Sheen e Sissy Spacek (appena all’inizio della loro carriera in La rabbia giovane), Sam Shephard (il proprietario terriero de I giorni del cielo) e ancora James Caviezel, Elias Coteas, Sean Penn, John Savage e Ben Chaplin (i soldati de La sottile linea rossa) non si limitano a fare un resoconto della loro, pure stimolante, esperienza lavorativa, ma riflettono anche sulle tematiche specifiche e il significato dei film in cui hanno recitato, sui loro ruoli e su cosa questi rappresentino nel contesto e nell’ambiente ricreato nelle stesse pellicole. Alle parole degli attori si alternano quelle di chi ha lavorato a stretto contatto con Malick nella realizzazione dei film: lo scenografo Jack Fisk, presente in tutte le pellicole del regista, gli autori delle musiche originali George Tipton (per La rabbia giovane) ed Ennio Morricone (per I Giorni del cielo), il montatore Billy Weber, il produttore Edward Pressman, i direttori della fotografia Haskell Wexler e Stevan Larner, la acting coach Penny Lane. Anche John Turturro si presta, seppure per poco tempo, a parlare del cinema di Malick davanti alla telecamera dei quattro intraprendenti registi italiani. Ancora, gli interventi di Arthur Penn – indimenticato regista di Gangster Story (1967), che più volte è stato messo in relazione con La rabbia giovane – offrono parecchi spunti di riflessione sulla poetica malickiana.
Nel corso del documentario vengono man mano messi a fuoco in tutta la loro pregnanza i contenuti profondi dei film analizzati. Le parole di Martin Sheen, Sissy Spacek e George Tipton rimarcano come a caratterizzare i protagonisti de La rabbia giovane sia, in ultimo, uno spaventoso, stupefacente senso di distacco dalla realtà: Kit e Holly procedono lungo la loro fuga on the road nell’America degli anni Cinquanta lasciandosi dietro una scia di sangue, senza mai avere, in un certo senso, una reale cognizione delle loro stesse azioni criminali. Il mondo rurale degli Stati Uniti di inizio secolo viene invece rievocato dalle parole di Sam Shephard, e descritto come un luogo vasto e spopolato, fatto di solitudine e orizzonti lontani, esattamente quello rappresentato da Malick ne I giorni del cielo. Lo scenografo Fisk e il montatore Weber riflettono sul rapporto che lega i personaggi di questo film, una sorta di triangolo amoroso che si scioglierà in ultimo in un finale drammatico e amaro. Haskell Wexler, ancora parlando del secondo lungometraggio di Malick, racconta le proprie impressioni soggettive, mettendo a fuoco un modo di sentire proprio del regista che potremmo definire, in un certo senso, panteistico: tra tutti gli esseri viventi, tra gli uomini, gli animali e la Natura, esiste un’intima e segreta connessione. Gli attori de La sottile linea rossa – soprattutto Sean Penn, Jim Caviezel ed Elias Coteas – si addentrano infine, ognuno dal proprio punto di vista, in una riflessione sulla morte e sulla guerra.
Rosy Fingered Dawn restituisce pienamente lo spessore e la complessità del cinema del regista americano, riunendo insieme i contributi di moltissimi protagonisti del suo universo filmico, la cui presenza è stata, di volta in volta, determinante per la realizzazione delle stesse pellicole. Nel documentario, scorrevole ed esaustivo, le interviste sono presentate e orchestrate in modo equilibrato e armonioso, per comporre un ritratto – non tanto di Malick quanto del suo cinema – attento e fedele. Il film dei quattro registi della Citrullo International si rivela insomma un tassello importante nello studio e nell’analisi della poetica di questo cineasta affascinante e per certi versi misterioso, che rappresenta una delle voci cinematografiche più eloquenti della contemporaneità.