Si alza il vento
Progettare, creare arte, creare cinema e sognare diventano un’unica tensione, più forte dell’amore e forse anche della morale; è questa doppia valenza che rende Si alza il vento un vero capolavoro
Chiunque l’anno scorso abbia avuto la fortuna di assistere alle prime proiezioni di Si alza il vento (The Wind Rises) avrà sicuramente percepito una sottile anticipazione di quanto sarebbe stato annunciato nei giorni successivi. Come una filigrana, sottile in molti punti ma spessa ed evidente in altri, un presentimento innegabile persisteva nella visione di tutto il film, e trovava conferma nella dichiarazione successiva alla visione, quella in cui Hayao Miyazaki annunciò che Si alza il vento sarebbe stato il suo ultimo film.
E la cosa non sorprese perché quest’opera è davvero una sorta di testamento artistico, l’apice di un percorso in cui l’onirico fantastico e il pacifismo più umanista si incontrano nel racconto dell’ossessione del sogno, della tensione al cielo e al volo. Si alza il vento riesce in quella difficilissima prova di raccontare l’atto della creazione artistica, l’azione di astrarre e plasmare il reale piegandolo ai fini dell’immaginazione, in un’osmosi di marche autoriali incorniciate da una storia d’amore di inedita potenza e bellezza e slancio melodrammatico. Ma ancora, Si alza il vento è un commovente capolavoro in cui Miyazaki riflettendo sulla fine di un percorso creativo, sul suo lascito, fa incontrare il classicismo cinematografico giapponese con quello hollywoodiano più genuino e palpitante. Quadri domestici si alternano a baci improvvisi che esplodono nel mezzo di un prato assolato, amanti si abbracciano alla stazione mentre il treno sta per partire, avvolti da lunghi impermeabili che svolazzano tra il vapore.
Dispiace che proprio quest’ultimo lavoro sia stato accolto in patria da tante polemiche. Pur romanzata, la storia dell’ingegnere Jir? Horikoshi tocca evidentemente dei nervi scoperti, tanto da attirare su di sé critiche sia da destra che da sinistra, una dinamica su cui non vale assolutamente la pena soffermarsi tranne che per sottolineare invece l’incredibile livello di maturità umana messa in campo da Miyazaki, che dedica letteralmente l’opera a Horikoshi in un perdono figlio di una pura immedesimazione umanista. Il finale di Si alza il vento è per questo forse il punto più bello di quanto fatto da Miyazaki in tutta la sua carriera, quell’ultimo sogno in cui l’amarezza personale di Horikoshi si sovrappone a quella del Giappone tutto, un paese gettato nell’orrore della guerra da una generazione di padri storicamente ripudiata ma qui in qualche modo recuperata da Miyazaki, contestualizzata in quel momento storico di crisi in cui ognuno si sentiva chiamato a collaborare alle sorti del paese.
Ma soprattutto è al sogno che guarda Miyazaki; ingegnere intento a creare l’aereo perfetto per volare più in alto del cielo, Jir? vive una doppia tensione al volo e alla creazione artistica che lo rende praticamente un alter-ego del regista. Progettare, creare arte, creare cinema e sognare diventano un’unica tensione, più forte dell’amore e forse anche della morale; è questa doppia valenza che rende Si alza il vento un effettivo capolavoro, la sua totale assenza di assertività a favore di una comprensione e identificazione piena di dubbi, nella quale Miyazaki conosce e supporta e perdona in qualche modo Jir?, pur rendendone palesi le responsabilità e l’incosciente estraneità dalle conseguenze del proprio creare. E’ davvero come il volo di un Icaro inconsapevole, lo slancio ingenuo ma carico di terribili conseguenze, cui Miyazaki con un livello di umanità straordinario finalmente si riappacifica, pur con amarezza e dolenza, pur solo in sogno. E’ per questo che il celebre pacifismo del regista è qui più che confermato, non solo ribadito ma rilanciato con una carica umana immensa.
Attento come mai prima d’ora ad una resa impressionista del reale, con Si alza il vento Miyazaki porta la Ghibli su un terreno inedito fatto di scorci pittorici straordinari, una bellezza che si fa aperta poesia nella sezione ruotante attorno alla taverna in cui Jir? incontra di nuovo la ragazza salvata e già amata anni prima. Riuniti dal caso i due avranno finalmente lì l’occasione di cogliere un amore seminato tanto tempo prima, un rapporto schiacciato tra la tubercolosi di lei e l’ossessione di lui, ma nonostante questo vivo e meraviglioso, vissuto giorno per giorno come e dove possibile. Una dimensione apertamente melodrammatica inedita per Miyazaki, ma della quale si mostra comunque grande plasmatore e narratore. Una ragione in più per sentirne la forte mancanza d’ora in poi, una ragione in più per guardare a Si alza il vento come ad un incontro tra sogno, cinema e amore, racconto onirico e pacifista ma soprattutto umanista, amaro ma serenamente lucido, come il migliore dei perdoni.
Si alza il vento è un film meraviglioso, e no Hayao, la tua carriera artistica è durata ben più di dieci anni, ma non un giorno di troppo.