The Slurp – Gli strani supereroi

Per una serie di fortuite coincidenze chi scrive si è trovato a visionare The Slurp – Gli strani supereroi quasi contestualmente a Superheroes, documentario di Michael Barnett trasmesso dal canale statunitense HBO. Il documentario di Barnett riprende la quotidianità sui generis dei Real Life Superheroes, uomini e donne comuni – da San Diego a New York – che hanno inteso la loro vita come emulazione domestica e reale dei supereroi di tanti fumetti commerciali, restituendo alla macchina da presa degli spaccati di vita animati da nobili intenzioni eppure inevitabilmente trash, per degli pseudo-eroi in calzamaglia che pattugliano le strade delle loro città col fine di prevenire e combattere la piccola e media criminalità che attanaglia i loro quartieri. Il tutto, si badi bene, è reale.

Questa lieve digressione si rivela interessante porla sul tavolo d’analisi perché i Real Life Superheroes – con buona pace dei loro gadget e macchine cool – non possono essere altro che la versione maccheronica degli stessi supereroi fumettistici che li ispirano, per una risultante statunitense che nella sua fondante imperfezione incornicia però gli emulatori in una nicchia di appartenenza e riuscita supereroistica ragguardevole, in un Paese dove fallire la collimazione coi propri supereroi passa comunque attraverso alcuni fattori di grande immedesimazione antropologica e spirituale, per una società statunitense che si dimostra particolarmente – e inevitabilmente – assai in sintonia con l’humus sociale e iconografico che gli eroi dei fumetti veicolano e che sono riusciti ad imprimere al loro pubblico americano da decenni.

Versione maccheronica per versione maccheronica, quello che si incontra in The Slurp – Gli strani supereroi è, anche se non del tutto, la trasposizione italiana dell’emulazione supereroistica sopramenzionata, per dei risultati di particolare interesse solo in parte finzionali. Se il Real Life Superheroes d’oltreoceano nella sua irriguardosa umanità mostrava quanto però egli credesse profondamente nel modello ispiratore, l’opera firmata da Simone La Rocca ci fa capire invece quanto il nostro popolo – iconoclasta per antonomasia – non abbia mai recepito seriamente (compiutamente?) il messaggio culturale ed eroistico che i vari Spider-Man, Batman e soci si sono presi la briga di propagandare dalle strisce dei loro fumetti. The Slurp – Gli strani supereroi è una divertente e divertita lettura in quattro capitoli non tanto del supereroe “all’italiana”, quanto invece – e fatalmente – della traduzione del bagaglio culturale e iconologico che un italiano intende quando si avvicina ai supereroi. La cifra grottesca – tanto nel documentario HBO che nel lungometraggio ad episodi di La Rocca – è più che garantita, ma tanto il punto di partenza quanto le proprietà dei protagonisti sono assai divergenti.

The Slurp – Gli strani supereroi si muove in una località contadina poco fuori Roma, fra uomini in calzamaglia amanti del rockabilly, detective del paranormale e goliardia, il tutto contrappuntato da improbabili antagonisti di dubbia pericolosità. Qui gli improvvisati tutori della sicurezza dovranno salvare quel che resta dell’umanità (ben poca cosa, chissà perché…) da alieni, mummie e improvvisati traffichini. La credibilità non sussiste, sia in forma diegetica che in quella extra-diegetica, per un divertissement eulogistico e autoironico. L’incedere del regista La Rocca è amatoriale, ma con un margine di consapevolezza della sua collocazione che aggiunto ad un’astuzia di messa in scena stimabile riesce a generare una sinestesia percettiva azzeccata, divertente ed efficace. Una macchina da presa traballante, una fotografia digitale in bianco e nero marcatamente sgranata e lisergica, assenza di suoni diegetici sopperiti da cartelli in stile “cinema muto” e una colonna sonora praticamente sempre presente, rendono The Slurp – Gli strani supereroi un’opera forse unica nel nostro panorama nazionale. Il supereroe strampalato, nella migliore tradizione fumettistica à la Rat-Man (anche questo, e non a caso, interpretazione tutta italiana del supereroe), privo di appeal, superpoteri, gusto estetico e dignità, incorniciato in una provincia italiana e appenninica se non post-apocalittica quantomeno post-civile (post-civica) dove il buonsenso ha lasciato il posto al miglior nonsense irriverente ma mai nichilista, produce una fusione di generi – ben diluiti e suddivisi nei quattro episodi che compongono l’opera – che oltre ai padri putativi già menzionati fanno riscontrare le influenze della demenzialità dei Monty Python come lo slapstick e le movenze di Benny Hill, incastonati in paesaggi affini all’ex-duo registico Ciprì e Maresco e del primo Jim Jarmush.

L’opera di Simone La Rocca, già passata all’ultimo Fantafestival, è di quelle da recuperare. Se si ama l’anticonvenzionale, specialmente quando interessa la più totale non curanza del linguaggio cinematografico, questo è ciò di cui si ha bisogno. Il film è gratuitamente scaricabile sul sito della casa di produzione Ghostfilm, realtà romana vicina alla più nota Poverania.

Autore: Emanuele Protano
Pubblicato il 15/03/2015

Articoli correlati

Ultimi della categoria