SmoKings
La saga di due giovani menti, il cui sogno non è mai stato solo quello di farsi spazio nel mercato del tabacco, quanto la brama di danneggiare le inarrivabili multinazionali del settore
SmoKings. Sovrani del fumo. La sagacia affabulatoria del film è già tutta racchiusa nel raccordo lessicale del titolo. L’opera prima del documentarista torinese, Michele Fornasero, vincitrice del 55mo Festival dei Popoli, che porta sul grande schermo l’intrepida impresa dei fratelli Messina, imprenditori atipici nel business delle sigarette e creatori di un brand made in Italy, la Yesmoke, marchio - slogan, che già di per sé proferisce audacia, ridefinendo il target dei fumatori consapevoli. Fornasero ha il merito di aver predisposto per questa singolare ed eccentrica realtà industriale del torinese, una originale narrazione filmica, in cui alle interviste e al pedinamento propri del documentario si mescolano una eterogeneità di voci e toni, messe in scena, partiture musicali, montaggio alternato e materiale di repertorio, il cui unico evidente scopo è la sovversione di tutto quanto appartenga al mercato, all’estetica e alla concezione del prodotto commerciale “sigarette”, trascinandovi dentro, intenzionalmente o meno, gli stessi protagonisti.
L’autore mette a punto un racconto esemplare, per poter narrare allo spettatore cinematografico (piuttosto che a quello televisivo dei reportage giornalistici di servizio e denuncia) la saga epica di due giovani menti, il cui sogno comune non è mai stato solo ed esclusivamente quello di creare lavoro e ricchezza per sé e i propri dipendenti, quanto la brama di danneggiare lo status inarrivabile ed intoccabile delle mitiche multinazionali del settore, in assoluto e per tutti il nemico giurato Philip Morris. Gli anni ripercorsi dal film, soprattutto attraverso sovraimpressioni, che ricalcano la grafica dei messaggi di sensibilizzazione contro il fumo, quelli stampati a caratteri cubitali sui pacchetti di sigarette (“il fumo uccide”, per intenderci) narrano, infatti, di battaglie giudiziarie, sentenze inapplicate, insolvenze e di affronti senza esclusioni di colpi, in cui tanto David, quanto Golia, cercano di spodestarsi l’un l’altro, pur se impari, speculando sulla medesima legalità: cavilli, falle e contraddizioni legislative, praticabili precedenti ancora inesplorati. Così, se da un lato la Yesmoke, è stata il bersaglio di quello che negli Usa è ricordato come il più grande blitz di sequestro portato a termine dalla sezione ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) nonché presupposto per la promulgazione del Pact Act, in divieto della vendita on line di sigarette; dall’altro Philip Morris è stata la principale “vittima-ammonimento” dell’operazione della commissione europea, al cui capo figurava Romano Prodi, contro il contrabbando.
Eppure, lo scontro cui assistiamo non è un duello, bensì una più inesplicabile rete di intese e concertazioni, che vedono nell’ AAMS, ex monopolio di stato, l’ago di una bilancia, che pesa a sfavore della Yesmoke, anche quando citato e specificamente sanzionato dalla Corte di Giustizia Europea. Se il regista avesse voluto semplicemente trasporre le vicende sulla base dei risvolti giudiziari, probabilmente avrebbe concepito un’opera-inchiesta e già lanciato il suo seguito, se si considera che proprio a ridosso della presentazione del film i fratelli Messina si ritrovano in stato di arresto e in attesa di giudizio con l’accusa di contrabbando ed evasione fiscale. Quello che dal canto autoriale, probabilmente più ispira e preme, è piuttosto il ritratto di due personalità, il cui ingegno e spavalderia spingono a destreggiarsi in quella che è un’ambigua concezione della verità: da una parte la ricostruzione fattuale degli eventi, quanto più puntuale possibile, dall’altra la loro ineludibile verità di interpretazione, e senza voler in ciò rimarcare la tendenza a dissimulare nel valore oggettivo di verità, quello soggettivo di bene (per chi?), ovvero gli scopi dietro cui si celano i singoli interessi. Tra le voci esterne e super partes coinvolte, si erge la pragmatica e filosofica saggezza, dell’economista Fariborz Ghadar, il quale parlando di “mercato grigio” (ovvero il mercato parallelo non tassato del web. di cui i Messina sono stati fieri pionieri) afferma che “il colore dipende dalla posizione assunta nella filiera”, sino a ravvisare il nero nell\'ottica degli oppositori.
La visione allora non potrà che focalizzare il prisma di colori rifratti, che i due fratelli rappresentano a seconda della luce che li irradia: la madre, anziana insegnante, che asseconda i figli idealizzandone le scelte ("...che si ispirino ad Adriano Olivetti nelle politiche aziendali", non considerando l’ipotesi che possano piuttosto incorrere in un differenziato “caso Mattei”) pur non condividendole; i mass media che, di diffamazione in celebrazione, costituiscono sempre un ritorno di guadagno presso i clienti anticonformisti; gli stessi Messina, che nelle reciproche confidenze rivendicano legittimità bandendo l’etica, quale principio indefinito per antonomasia. Fornasero, non giudica e non invita lo spettatore ad esporsi, pur tessendo sequenze simpatizzanti, piuttosto insinua nella trama una più generale riflessione sul presente e il futuribile industriale e legislativo italiano, sempre svenduto ai grandi trust e affossato nelle cosi dette “leggi fotografia”, quelle che legittimano le anomalie preesistenti, mutando condizioni di fatto in condizioni di diritto.