Mister Wonderland
Dal vaudeville al cinema muto, fino ad arrivare ai primi grandi film romanzati e al sonoro: l’impero di Poli, emigrato in America da un paesino del lucchese alla fine dell’800
Storie di migranti di fine ottocento: dal cinema al teatro, fino alla letteratura, l’arte tutta è piena di racconti dedicati alle loro vicende, spesso singolari e avventurose. Personaggi fuggiti dalla povertà più nera da ogni parte d’Europa, che hanno dolorosamente abbandonato famiglia e comunità, a volte rinnegando le proprie radici, per rincorrere la possibilità di una vita migliore, spesso sull'onda del sogno americano. Di queste migliaia di storie, molte sono andate irrimediabilmente perdute ma tante altre sono, fortunatamente, rimaste nella memoria e raccontano di artisti, imprenditori, musicisti e scienziati che hanno infine raggiunto il successo tanto desiderato. A volte capita tuttavia anche di imbattersi nella storia di un successo dimenticato, che vale la pena recuperare e raccontare.
È il caso della vicenda di Silvestro Zeffirino Poli, emigrato negli Stati Uniti da un piccolo paese del lucchese verso la fine dell'ottocento. Giovane appassionato e perseverante, a soli tredici anni parte per Parigi per approfondire al meglio l’arte del “figurinaio”: la sua capacità di creare e modellare figure in gesso lo porta in breve tempo a far parte dell’Eden Musée, all’interno del quale, oltre che affinare le proprie capacità, intuisce le grandi potenzialità economiche del settore dell’intrattenimento. È negli Stati Uniti però che il piccolo artigiano (ora ribattezzatosi Sylvester Z. Poli), comprende appieno le possibilità offerte dal mondo dello spettacolo.
In un periodo in cui le fabbriche obbligano gli operai a turni massacranti di dodici o quattordici ore al giorno, il teatro e la nascente arte cinematografica possono offrire uno svago a un pubblico ampio e senza distinzioni di classi sociali. Dopo essersi messo in proprio, Poli apre il suo primo teatro, a New Heaven, nel Connecticut. La sala, con più di tremila posti a sedere, non è solo un luogo d’incontro e d’intrattenimento, ma è una vera e propria opera d'arte, curata nei minimi particolari. Statue, antichi e imponenti lampadari, decorazioni che richiamano gli antichi affreschi di Pompei: il tutto per un biglietto di pochi cents, che permette anche all’operaio distrutto dalla fatica di sentirsi nobile per una sera.
Dal vaudeville al cinema muto, fino ad arrivare ai primi grandi film romanzati e al sonoro: in breve tempo Poli realizza un vero e proprio impero, arrivando non solo a creare più di una trentina di teatri disseminati negli stati americani dell’est, ma anche ad attirare l’attenzione dei grandi divi dell’epoca, come Mea West, Buffalo Bill, Houdini e perfino Charlie Chaplin. Il piccolo artigiano partito dalle montagne lucchesi, diventa così uno dei più grandi imprenditori statunitensi, tanto da ricevere, nel giorno del suo cinquantesimo anniversario di matrimonio, una lettera di auguri e di complimenti dal Presidente Roosevelt in persona.
Presentato alla 60a edizione del Festival dei Popoli (e vincitore del premio “Il Cinemino”) Mister Wonderland offre diversi spunti interessanti. Valerio Ciriaci, pur raccontando il periodo della nascita del cinema, sceglie di non soffermarsi su questo e preferisce invece concentrare tutta l’attenzione sul personaggio.
Il suo è un racconto diretto, che omaggia la vita, davvero strabiliante, di un uomo ingiustamente dimenticato; un pioniere dell’imprenditoria teatrale capace di concretizzare il suo personale sogno americano. Attraverso i racconti dei pronipoti (americani e italiani), il regista ci accompagna alla scoperta di Poli, e lo fa in modo agile e al contempo appassionato. Dalle foto d’epoca ai lavori firmati dall’artista lucchese, dal paese natio ai ai teatri americani, fino a Villa Rosa (dimora dei suoi ultimi anni di vita), Ciriaci porta alla ribalta quello che forse può essere definito il più grande impresario teatrale degli anni venti del ‘900.