Sotto la stessa luna

I Figli del Bronx non sbagliano un colpo. Così potremmo (e vorremmo) aprire la riflessione su Sotto la stessa luna, lungometraggio di finzione firmato da Carlo Luglio nel 2006. Né stile registico né recitazione, né contesto né tematica, ma forse nulla, o anche tutto. Già, perché c’è il lavoro di chi lo ha costruito e pensato questo film prima di tutto, quindi la sua casa di produzione, quindi I Figli del Bronx, quindi Gaetano Di Vaio. Dopo aver passato sotto la lente sotterranea La-bàs e Radici – di Guido Lombardi, ancora di Carlo Luglio il secondo – possiamo iniziare a plasmare una definizione, che la lunga estate di analisi e visioni che ci attende potrà smentire o confermare, possiamo iniziare a tracciare un’idea: non sbagliano un colpo.

Napoli, Scampia. Due giovani Rom lasciano che la loro quotidianità sfili lenta davanti a una macchina da presa, tra un vetro lavato e un pranzo tra le baracche, tra uno sguardo che oltrepassa le soglie del consentito e un affronto da pagare con il sangue. Vite marginali, trascinate alla giornata, si scontrano con l’efferato occhio del clan di quartiere, che tutto controlla e tutto punisce. “I fatti narrati e i personaggi sono frutti della fantasia degli autori, calati in un contesto reale”, così i titoli di coda del film definiscono il sottilissimo spartiacque che separa l’opera di finzione dal documentario di denuncia. Un limbo nel quale l’opera spazia meravigliosamente, lasciando che i suoi personaggi fittizi si connotino di una serie di atteggiamenti che definire semplicemente verosimili è riduttivo, imperniati come sono di codici che il nostro sguardo rimanda immediatamente a fatti di cronaca che ricordiamo, a vicende che conosciamo, a una realtà che disgustiamo. Faide interne, lotta per il territorio e grilletti facili si mescolano con ciò che troppo vicino ad esse si è formato per non venirne inghiottito voracemente, mandato giù senza neanche il gusto di esser masticato. Tutto ciò che scorre appartiene al clan, dalle donne al bar, dal territorio all’ultima parola; ultima parola che quasi mai conosce il tono vivo di una voce, quasi sempre il colpo sordo della deflagrazione, prima di lasciar posto al silenzio che tutto sotterra.

Sotto la stessa luna è uno degli esempi magnifici della legittimazione, del perché una rubrica come quella de I Sotterranei: attori non professionisti nella quasi totalità, bassissimi costi di produzione, risultato mirabile. Nonostante ciò, il titolo di un film che ai più dirà poco o nulla. Perché, ci piacerebbe chiedere al grande occhio dell’opinione pubblica. Perché non ce ne è stato dato modo, risponderà lui (nella migliore delle ipotesi). Eppure il cinema, medium della comunicazione per eccellenza, non ha avuto da dire la sua sulla camorra solo con Gomorra, Sotto la stessa luna è qui, c’è stato e per chi volesse ascoltare e vedere ci sarà ancora, basta compiere quel piccolo sforzo che prevede di andare a guardare oltre la miopia della grande distribuzione, dei canali ufficiali, basta non fermarsi alla realtà sempre più fuorviante di commedie perennemente e ostinatamente uguali a se stesse. I Figli del Bronx ci sono, i Carlo Luglio così come i Gaetano Di Vaio ci sono, sarà opera nostra vincere il lassismo del mero intrattenimento, del cinema come arma di distrazione di massa, ed andare finalmente a scovarli.

Autore: Marco Giacinti
Pubblicato il 23/08/2014

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