Rotta contraria
Il racconto di una realtà ancora sconosciuta e, allo stesso tempo, affascinante: la rotta contraria, dall'Italia all'Albania
Il filo sottile che lega Italia e Albania ha certamente origini antiche: fin dal XV secolo gli arbëreshë (gli albanesi d'Italia) hanno popolato la nostra nazione creando folte comunità nelle zone insulari e nel sud Italia. Considerando invece il passato più recente, è innegabile che ancora oggi restano vivide nella nostra mente le impressionanti immagini di quello che accadde l’8 agosto del ‘91: caduto il regime comunista, la nave Vlora venne improvvisamente presa d’assalto dalla folla dirigendosi poi verso l’Italia con, a bordo, migliaia di albanesi alla disperata ricerca di “un’America adriatica”.
Le parole di Fatos Lobonja, intellettuale albanese indipendente, risuonano forti nel bel documentario di Stefano Grossi, Rotta contraria: “Se volete vedervi allo specchio, guardate l’Albania, che è un po’ una caricatura dell’Occidente”. Figlia di un recente boom economico, oggi Tirana sembra rispecchiare la capitale di una new economy folle e aggressiva, dove nuovi giovani yuppies, dalle postazioni dei loro call-center, propongono quotidianamente innumerevoli offerte telefoniche. Dare un volto a queste voci, vuol dire parallelamente fare luce su una storia di povertà, privazioni e sofferenze che, oggi, sembrano lontane nel tempo. Talmente distanti che il fascino della nuova ricchezza albanese ha richiamato giovani italiani, viaggiatori nella direzione opposta, ormai stufi di attendere una proposta lavorativa che tarda ad arrivare. I figli della terra che meno di trent’anni prima offriva una prospettiva di guadagno, volano quindi oggi verso un rivalutato nuovo mondo, alla ricerca di nuove possibilità.
Rotta contraria è uno schiaffo in pieno volto: opera corale di un regista navigato, mostra un lucido spaccato economico e sociale che viaggia sul filo comunicante, storico e diretto, che collega due coste del Mar Adriatico. I protagonisti che raccontano la loro vita, la loro esperienza, i loro sogni, sono disarmanti nella sincerità espressa, italiani o albanesi che siano. Le interviste ai protagonisti sono costantemente intervallate da immagini di repertorio e la storia albanese prende corpo poco alla volta; il “presente raccontato” sembra essere un raccordo tra un passato ancora non del tutto cancellato, e un futuro ricco di aspettative e speranze. La paura del vecchio regime comunista lascia oggi spazio a nuove strategie di business; la possibilità di essere incarcerati per pensieri diversi da quelli obbligati, viene sostituita dalla possibilità, da parte del lavoratore, di poter scegliere tra dieci diverse offerte di lavoro dopo neanche tre giorni dall’invio del proprio curriculum. Grazie alle sue interviste, Stefano Grossi restituisce in immagini le parole Fatos Lubonja, mostrando, in 75 minuti, il passaggio "dalla tragica irrealtà isolazionista del regime comunista di Henver Hoxha all'altrettanto tragica irrealtà d'importazione del modello turbo-capitalista". Un modello che, tuttavia, oggi sembra essere insostituibile.
Presentato al Bari International Film Festival, Rotta contraria racconta una realtà ancora sconosciuta e, allo stesso tempo, affascinante. La regia di Grossi non interferisce con la linearità dei racconti degli intervistati, la macchina da presa sembra quasi voler scomparire, ma al contempo il regista invita i protagonisti a rendere partecipe lo spettatore dello sviluppo di questo mondo nuovo; una neonata America che sembra non porsi limiti di crescita. Un El dorado che oggi richiama a sé non solo i suoi figli fuggiti meno di trent’anni fa, ma anche i giovani italiani che, stretti tra incertezze e precariato, seguendo la rotta inversa aspirano a un futuro migliore.