Take Shelter di Jeff Nichols è stato presentato al Festival di Cannes 2011 durante la Settimana Internazionale della critica, vincendo il Gran Premio della giuria. Il film, che ad oggi non ha ancora trovato distribuzione nel mercato italiano, è indubbiamente un’opera di grande impatto, non solo visivo, ma per l’eleganza minimale della messa in scena e per la scelta degli attori, su tutti Jessica Chastain (The Tree of Life) e Michael Shannon (Boardwalk Empire). Tuttavia, per quanto importanti siano questi elementi, ciò che rende interessante Take Shelter è qualcosa di più “sotterraneo”, sommerso nella sua struttura testuale e narrativa.
La storia del film, che altro non fa che raccontare la psicosi paranoica di un uomo tradotta nella paura di essere ucciso da un uragano, è stata da molti critici interpretata come il tentativo dell’autore di raccontare nuovamente i sintomi post traumatici di un’America invasa, ferita da un nemico straniero e senza nome, entità che qui assume il carattere apocalittico di una minaccia naturale. Su questa scia, si ricorda, ad esempio, il sottovalutato E venne il giorno di M. Night Shyamalan. A nostro avviso, però, il film di Nichols, si distacca felicemente da questo filone filmico.
Ciò che risulta evidente è il carattere psicoanalitico del film in quanto, se da un lato viene messa in scena la storia di una nevrosi di un soggetto affetto da schizofrenia paranoide, dall’altro vi sono una serie di elementi simbolici e testuali che rappresentano dinamiche e complessi relazionali tra i personaggi. Utile potrebbe essere l’analisi di Raymond Bellour sul film Gli uccelli di Alfred Hitchcock, in quanto non mancano le analogie tra quest’ultimo e il film di Jeff Nichols. Bellour ci dimostra, nel suo testo fondamentale L’analisi del film, come nel film di Hitchcock gli uccelli altro non sono che il simbolo, o metafora, del fallo maschile che si scaglia in modo catastrofico sul mondo femminile. Lo sguardo dell’uomo sulla donna quasi sempre si trasforma in una punizione per la donna, che si traduce nell’aggressione da parte degli uccelli.
Anche in Take Shelter è centrale la figura simbolica degli uccelli. Essi non rappresentano un vero pericolo, tuttavia sono ugualmente una minaccia, perché a livello narrativo annunciano l’arrivo dell’uragano. È la loro comparsa nel cielo a innescare la paura, o paranoia, nel protagonista. Per quanto banale possa sembrare essi rappresentano, anche qui, il pene maschile, il fallo. Tuttavia, a differenza del film di Hitchcock, gli uccelli non minacciano la donna, ma l’uomo stesso. Per tal motivo si può facilmente dubitare l’ipotesi che il film metta in scena un complesso sessuale tutto al maschile.
A dimostrare tale complesso nel film vi sono, inoltre, altri piccoli elementi simbolici, come ad esempio gli incubi ricorrenti del protagonista, che potrebbero essere analizzati attraverso gli strumenti offertici dall’interpretazione del sogno di Sigmund Freud. Tra le numerose rappresentazioni oniriche nel film, una dimostra in modo chiaro quanto detto. Si parla del sogno in cui il protagonista è azzannato dal proprio cane. Facendo affidamento sul pensiero teorico di Freud e di Jung, il cane nei sogni rappresenta la parte animale e pulsionale dell’uomo. Essere aggredito da un cane vuol significare, quindi, essere sopraffatti dalle proprie pulsioni. In questa chiave si può arrivare ad una facile interpretazione dell’uragano stesso, tempesta ormonale di tutte le pulsioni represse, che minacciano l’integrità psicofisica dell’individuo, portandolo spesso alla nevrosi. Allora, il “take shelter”, il mettersi al riparo può voler dire proteggersi dalla possibile devastazione di tutti quegli stimoli sessuali che cercano di diventare coscienti. Un tentativo di riparo da parte del protagonista è quello di scavare sotto terra, installando un rifugio anti-uragano, che può essere letto come il suo inconscio. Tuttavia egli non scava nelle profondità della sua mente come forma o strumento di indagine, ma egli utilizza il suo inconscio come fosse un bunker, rendendolo così inaccessibile da qualsiasi minaccia.
Emblematica è la scena in cui egli deciderà di chiudersi definitivamente all’interno di tale rifugio, momento in cui la tempesta farà piovere migliaia di carcasse di uccelli. La completa instabilità dell’uomo viene quindi a verificarsi nel momento in cui l’uragano annienta il simbolo stesso della sua insicurezza, ovvero il fallo.
Ed è in questo momento che interviene la figura salvifica della donna, incarnata dalla moglie del protagonista. Sarà lei a sanare l’uomo, portandolo da uno stato di oscurità e insicurezza ad uno di accettazione e presa di coscienza del reale. Ma proprio quando le cose sembrano aver preso il verso giusto, attimo in cui anche gli uccelli sembrano aver perso la loro funzionalità di minaccia, la tempesta ritorna devastante nel cielo. Questa volta, però, sarà proprio la moglie ad essere presa dal panico, come a voler dimostrare il passaggio dall’insicurezza dell’uomo a quella della donna, una donna che vedendo il proprio uomo riappropriarsi simbolicamente del fallo ridiventa soggetto debole del reale, minacciata da una tempesta che fino a quel momento non le apparteneva. Proprio come succedeva in Gli uccelli di Alfred Hitchcock.