True Detective 2x03 - Maybe Tomorrow

Finora, il più astratto tra i capitoli della nuova stagione. Comincia con un dichiarato debito verso David Lynch, per poi proseguire nella messa in scena di una città ormai popolata da fantasmi.

True Detective, dove eravamo rimasti? Il finale sconcertante della seconda puntata aveva suggerito intuizioni e riflessioni che adesso, ovviamente, vanno ridimensionate per essere lette sotto una nuova luce. Proiettili di gomma, quindi, come quelli usati dalle unità antisommossa: nessun lutto prematuro, nessun protagonista sacrificato sull’altare del colpo di scena dopo appena due episodi.

Meglio così, in fin dei conti. Pizzolatto si fa perdonare questa settimana di ansie e timori con una sequenza di apertura che sembra presa di petto da uno dei momenti più indimenticabili di Twin Peaks, ovvero l’attentato all’agente Cooper che faceva da collegamento tra la prima e la seconda stagione. Anche qui, il personaggio interessato ritorna in vita dopo un’apparizione extracorporea (là il gigante, qui il padre), sulle note di un’esibizione live che non avrebbe affatto sfigurato nella stanza dalle tende rosse, o nel Club Silencio di Mulholland Drive.

La sostituzione in cabina di regia, poi, sembra funzionare benissimo in tal senso: fuori Justin Lin, dentro il più anonimo Janus Metz, che però riesce perfettamente a conferire un’aura magica a quello che finora è il più astratto tra i capitoli di questa nuova stagione. Una sequenza, per tutte: “lei vuole vivere?” chiede il medico al detective Velcoro, e lo sguardo di quest’ultimo si sposta silenzioso sulla radiografia del suo torace, seguito da una dissolvenza sul cratere di un cantiere losangelino. Più che la città degli angeli, questa è già una città di fantasmi. Anche il titolo, Maybe Tomorrow, da solo dice tutto: la morte si respira comunque e ovunque, ad ogni angolo di strada, dietro le porte chiuse, nelle luci sfavillanti di uno skyline che cerca inutilmente di illuminare un’oscurità che invece ha già pervaso menti e corpi. La progressione della detection è lenta e dimessa, e appare sempre più evidente come stia nuovamente facendo capolino uno degli aspetti più interessanti della prima serie: la dimensione metafisica. In maniera meno evidente e certamente meno esplicita, è chiaro; eppure basterebbe ripensare al viaggio notturno del cadavere nella prima puntata per rendersi conto che l’indagine su quel primo omicidio sta portando a galla un universo di orrori intangibili e inquietanti, nel quale il re giallo, le spirali e le disquisizioni filosofiche di Rust Cohle sono state sostituite da fattori ben più materiali come le tangenti, la corruzione, lo sfruttamento della prostituzione e la speculazione edilizia. Il tutto unito a una meravigliosa rilettura del noir (neo)classico à la Ellroy, come già detto in precedenza. E mentre i tre detective proseguono nella loro ricerca della verità, comincia sempre più a prendere forma il personaggio di Vince Vaughn, mettendo a tacere qualsiasi dubbio preventivo sulla scelta del nuovo cast e confermandosi un interprete grandissimo e colpevolmente sottostimato. Continua…

Autore: Giacomo Calzoni
Pubblicato il 08/07/2015

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