Vinyl 1x03 - Whispered Secrets

Rimpianti in sospiri appena sussurrati: tra passato, presente e punk

A seguito di una premiere contenuta all’interno dell’involucro del metraggio lungo, per certi versi autoconclusiva, e di un secondo episodio scatenato ed incitante che eviscera i personaggi dalla premiere inserendoli in una narrazione diventata seriale, il viaggio della American Records e dei suoi protagonisti affronta una stazione episodica di respiro narrativo. Potrebbe sembrare un controsenso in termini se consideriamo che ad apparire nella puntata è nientemeno che Alice Cooper (Dustin Ingram). Archetipo primario di uno stile, di un sound e di una tendenza metal e dark, padre putativo dello shock rock e dell’heavy metal, Cooper ci viene mostrato come un’entità mefistofelica e vendicativa mentre costringe l’impiegato Clarke Morelle (Jack Quaid) a pagare il conto che il suo boss Richie Finestra ha contratto, nel passato, con l’anima dannata di lui e del suo gruppo. Il mondo del rock narrato sempre più come un universo faustiano, dove una firma in un contratto discografico esige di due interlocutori, il produttore demiurgo spietato, asservito alle logiche commerciali e l’anima del rocker, entità inizialmente pura o quantomeno ingenua, acerba prima di firmare e dannata per l’eternità in seguito alla sottoscrizione. Estratto da Billion Dollar Babie, album del 1973, Cooper canta I Love the Dead mentre inganna e tenta come il serpente dell’Eden l’animo ingenuo del giovane Morelle prima di giustiziarlo, simbolicamente, sulla ghigliottina. La purezza primigenia (se mai ce ne fosse stata una in Cooper) è stata macchiata dal candore dell’orrore, cosicché vittima e carnefice, cantante e produttore, diavolo ed artista possono invertire i loro ruoli. Il Dottore che arriva a superare il Maestro, condannandolo agli inferi addotti.

Episodio che si struttura offuscandosi e sfocandosi dentro una nebbiolina che opacizza il presente dei personaggi, avvolgendo il tutto dentro ad una materia lattiginosa ed inconsistenze, un fil rouge d’acqua vaporizzata che unisce il passato, il presente ed il futuro. Sono i rimpianti a materializzarsi nei flashback ricorsivi che strutturano l’intero episodio. E’ una luce che si accende di spalle – in una meravigliosa analessi visiva – a suggerire, attraverso una suggestione onirica a Lester Grimes (Ato Essandoh), un futuro/presente possibile ma invero, non accaduto, disarcionandolo così dal sogno e riconsegnandolo alla sua voce soffocata ed alla presente miseria e grigiore quotidiano. E’ il passato prematrimoniale di Davon Finestra (Olivia Wilde), prima musa di Warhol poi madre relegata nella provincia del Connecticut e costretta a tornare alla Factory per richiedere una firma di autenticazione su di un serigrafia che la ritrae , quadro da vendere per trovare dei fondi necessari alla ricostruzione di un edificio, a tornare nel presente sottolineando un gesto doloroso, tanto più se non capito o se frainteso. Un passato prossimo ed uno remoto che tornano in singulti assuefatti, cocainizzati, brandelli di una colpa riguardante l’omicidio di Buck e di una relazione d’interessi con la mafia, rimorsi o rimpianti che risorgono dalle profondità, pronte a scatenarsi nelle sorti future (della serie) e nel ricordo di Richie Finestra ( Bobby Cannavale). Personaggio questo sempre più cardine dell’intera narrazione, capitano al timone di una casa discografica in disfacimento finanziario, un Re Mida in rovina con l’orecchio sensibile all’avanguardia musicale, unico e solo personaggio in grado di incarnare il rischio e l’amore per il suo mestiere, squalo dal cuore d’oro che possiede uno sguardo lungimirante verso quel cambiamento che in quegli anni sta avvenendo sulla scena musicale. E se gli altri non se ne renderanno conto, pronti a cucire addosso alla vera identità ed originalità di un gruppo un vestito vecchio e radiofonicamente adatto al passaggio in FM, sarà lui l’unico a capire, insieme all’interessata ed ambiziosa Jamie Vine (Juno Temple) che dietro ai Nasty Bits si nasconde il futuro; nel controluce prodotto dentro la piccola sala da concerto, tra il pubblico che poga incazzato, sta nascendo un genere, il punk, stanno nascendo (prima in America e poi in Inghilterra con i Clash – 1975 - e Sex Pistols - 1976) i Ramones. E se le sale dei piccoli club risuoneranno di una nuova linfa vitale nelle dissonanze del genere musicale di riferimento, una traccia seguirà l’altra, sarà mixata da un vinile ad un altro, nei sobborghi ecco nascere una nuova figura: il dj. La discomusic è alle porte.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 02/03/2016

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