Oggetto misterioso della scorsa stagione, Banshee arriva sugli schermi americani carico di aspettative e soprattutto accompagnato da un pubblico non numerosissimo, ma senza dubbio fedele e fortemente caratterizzato. Cos’è, dunque, Banshee? Come sempre accade, per capire che tipologia estetica di serie si ha di fronte è molto utile studiare a quale tipologia produttiva essa appartenga. Innanzitutto è obbligatorio menzionare che alla base del progetto c’è Alan Ball, che mette a disposizione la creatività e il blasone (Six Feet Under,True Bood). L’emittente che produce è la semisconosciuta ai più Cinemax, sorella minore della HBO e parte del ramo televisivo del conglomerato Time-Warner. Si tratta di un canale via cavo premium fino a poco tempo fa specializzato quasi esclusivamente in soft porn, ma che recentemente ha subito un processo di rebranding volto a intercettare il pubblico maschile tra i 18 e i 49 anni. Banshee è senza dubbio parte integrante di questo processo, nonché uno dei prodotti che meglio integra il passato col presente della rete, narrativizzando la sua anima particolarmente audace e conseguendo persino l’inaspettato risultato di dimostrarsi attraente anche a un pubblico femminile per via della presenza di donne forti all’interno del racconto.
A proposito di queste ultime, la serie racconta la storia di Anastasia che, sulla falsa riga di Kill Bill, dopo essere stata un killer spietato e averla combinata grossa, si costruisce un’altra identità in un paesino della Pennsylvania, con tanto di marito e figli. Tuttavia suo padre, pericolosissimo boss della criminalità organizzata, come il Bill di tarantiniana memoria, è sulle sue tracce. Quel paesino si chiama Banshee, luogo dove un giorno arriva Lucas Hood, ex amante di Anastasia uscito dopo quindici anni di prigione. Immediatamente Hood diventa lo sceriffo del paese, grazie anche alla morte di quello in carica, e comincia una carriera costellata da scontri violentissimo e vite salvate. Questa la premessa principale. A questi personaggi si aggiungono anche Sugar, ex pugile afroamericano, ora proprietario di un bar; Job, travestito di origine asiatica tuttofare di Hood; Proctor e Rebecca, zio e nipote con non poche ambiguità sentimental-sessuali, appartenenti alla comunità amish del paese. Donne e uomini, sesso e violenza, gangster movie e romance, tutto in salsa pulp. Banshee compete con i suoi diretti concorrenti della cable television e soprattutto tenta di raccogliere il pubblico orfano di Spartacus (di casa Starz) abituato a una sessualità esplicita e a una violenza senza compromessi. La sua estetica, che rimedia forme e linguaggi dal fumetto e dal cartoon, consente alla serie di non prendersi mai sul serio e rimanere un prodotto di qualità pur nella sua dimensione ludica.
Cosa succede in questa seconda stagione? Accade che la serie cambia verso – per usare un’espressione molto in voga nell’attualità politica da un po’ di tempo a questa parte – accentuando alcune caratteristiche presenti solo in forma embrionale nella prima annata, sconfinando in nuovi territori estetico-formali. Ciò che più muta è la struttura narrativa: se nella stagione d’esordio il racconto era fatto soprattutto di episodi stand-alone, in questa seconda la trama orizzontale è decisamente più elaborata, tanto da potersi permettere di tenere il piatto forte (la storia d’amore tra Ana e Lucas) in pausa, in modo da sviluppare la loro condizione individuale, dove il primo è impegnato a risolvere una faccenda che vede chiamati in causa indiani e amish, mentre la seconda sta scontando la propria pena in carcere. La nuova consapevolezza di Banshee emerge con forza nel quinto episodio, turning point stagionale, in cui la serie mostra di essere finalmente diventata adulta. Si tratta infatti di un segmento profondamente atipico, che ritorna sulla storia d’amore utilizzando un registro lirico, infarcito di piani d’ascolto e ralenti, immerso in un’atmosfera sospesa quasi irreale. Nello specifico Ana esce di prigione e quando Lucas la va a prendere i due, invece di tornare subito in paese, trascorrono una sorta di venticinquesima ora insieme. Quasi un’episodio speciale che rivela una nuova condizione di maturità di una serie che può permettersi ora di offrire splendidi scarti a una pur consolidata norma di successo.