Beautiful people
L'home invasion incontra lo zombie movie nel primo lungometraggio della Doghouse Picture
Prendiamo Per un pugno di dollari: non è il primo western italiano né il più bello, ma semplicemente un western che ha avuto tanto successo da generare una marea di epigoni e creare un filone. Il cinema di genere si basa fondamentalmente su tale principio. Ovviamente, va da sé che se i titoli successivi sono stati realizzati sfruttando la risonanza del capostipite nella maggior parte dei casi saranno meno originali e dunque riusciti. La suddetta precisazione serve a capire che l’esistenza e l’estinzione del cinema bis non sono questioni di qualità ma di quantità. Focalizziamoci sui giorni nostri e per la precisione sul Fantafestival di quest’anno. Sfogliando il programma della trentacinquesima edizione ci accorgeremo che dei quattordici lungometraggi italiani presentati ben quattro hanno per protagonisti i morti viventi: Anger of the dead, E.N.D., Zombie massacre 2 e Beautiful people. A chi si debba il merito del ritorno di moda dei ritornanti non è ben chiaro e poco importa, sta di fatto che negli ultimi anni tutti sfornano zombie movie come poco tempo prima tutti sfornavano torture porn. La perpetua riproposizione di un tema spinge per forza di cose a cercarne delle varianti, magari contaminandolo con altri generi. Analizziamo quindi quest’opera prima di Amerigo Brini, prodotta dall’emergente Doghouse Picture e sceneggiata da Andrea Cavaletto, fido collaboratore del cileno Patricio Valladares e del romano Domiziano Cristopharo.
La storia sembra cominciare là dove finiva A Serbian film, ovvero nella camera da letto di un’allegra famigliola che non è più tanto allegra dopo essere stata seviziata, filmata ed eliminata. Responsabile di così tanta raccapricciante violenza è una gang formata da Nibbio (il capo), Brett (suo fratello minore) e Testamento (un bruto più simile a una bestia che a un essere civilizzato). Il trio ricorda quello capeggiato da Humphrey Bogart nel primo Ore disperate e anche la trama è in parte la stessa. Difatti il terzetto si intrufola in una villa e prende in ostaggio la tipica famiglia borghese composta da padre autoritario, madre casalinga e due figli. Dai tempi del classico di Wyler (ovvero il 1955), ogni volta che una banda criminale sequestra un nucleo familiare, l’home invasion, ciò che va in scena è un conflitto di classe. Succede anche in Beautiful people, dove il nichilista Nibbio si diverte a torturare i coniugi, Elena e John, sottoponendoli a un terzo grado incentrato sulla loro vita sessuale. I due piangono come vitelli nel dovere ammettere di praticare il sesso orale, neanche si trattasse del più vergognoso dei crimini. Poi il gioco continua e a turno devono confessare un segreto (che, detto per inciso, è uno dei migliori esercizi da fare quando bisogna creare gruppo). Ne viene fuori che la moglie ha un amante. Siamo già al minuto cinquantasei quando spunta il primo zombi: sì, perché il segreto di John è che nello scantinato conduce esperimenti sui morti viventi.
Un twist che arriva un po’ tardivo se si considera che mancano ventiquattro minuti alla fine ma soprattutto butta tutto in caciara. Quel poco di trama e di critica sociale che c’era si dissolve al vento tra i vari morsi e inseguimenti. Si potrebbe obiettare che l’epidemia dei non morti rappresenti proprio il caos totale generato dall’indole autodistruttiva della specie umana. La verità è che spesso e volentieri i film di zombi sono a loro volta zombi.
Per intenderci meglio, torniamo con la mente a un’altra storia in cui scienziati conducono esperimenti su morti viventi nel sottosuolo, ovvero Il giorno degli zombi. L’opera di Romero è interessante perché non si limita ad accumulare scene splatter ma parla di qualcosa con cognizione di causa, è difatti una critica all’epoca Reagan (il film è del 1985). Ciò porta al seguente assunto: fintantoché il cinema si ispirerà alla realtà conserverà qualcosa da dire, quando imiterà altro cinema resterà vuoto. E data l’era in cui viviamo di argomenti su cui confrontarci ne abbiamo a iosa. Perciò sprecare un’occasione, tacendo, resta un crimine. Beautiful people, not so much the movie.