Bifest 2017, Suspiria e Dario Argento Masterclass
Fantasia assoluta, invenzione, visione: un capolavoro dell’horror mondiale nelle parole del suo autore, ospite del Bif&st
Suspiria è pura esperienza visiva, psichedelia eidetica, un assalto cromo-fotografico alle pupille degli spettatori. Con il film del ’77 Dario Argento abbandona la pur fievole struttura narrativa dei primi lavori, chiaramente ispirati dal thriller hitchcockiano, fino ad arrivare a disinteressi in maniera macroscopica della logica narrativa, (come ebbe a dire Morando Morandini, che non apprezzò affatto) per entrare nel regno metafisico della fiaba e del soprannaturale.
Un aspetto, quello della netta predominanza dell’elemento visuale rispetto a quello narrativo, su cui lo stesso Argento è tornato durante la masterclass organizzata dal Bif&st, consapevole che in questo abbandono del sensibile per il sensoriale si nasconde la chiave d’accesso al cuore più profondo del suo cinema. “Suspiria è fantasia assoluta, invenzione, visione”, ha detto davanti al vasto pubblico del festival barese, ancora frastornato da uno spettacolo subliminalmente intenso, reso ancora più vivido dalla qualità della nuova copia restaurata in 4k, già passata nelle sale qualche tempo fa. Qui, l’immagine, risultato di un maniacale lavoro di scelta delle location, set design, selezione dell’inquadratura, fotografia e uso del colore, assume, molto più del plot o della psicologia dei personaggi, il ruolo drammaturgico, orienta il corso stesso dell’opera, ne diviene la sostanza primaria, unica vera preoccupazione dell’autore.
È noto infatti che per mesi e mesi Argento visitò molti posti tra Austria, Svizzera, Francia, Italia settentrionale e Germania prima di decidere di ambientare il film nella Foresta Nera del Baden-Württemberg e di girare alcune scene a Friburgo e a Monaco di Baviera (nell’immenso spiazzo di Königsplatz, ad esempio, si consuma la morte violenta del pianista ceco interpretato da Flavio Bucci). La stessa dedizione è stata profusa poi nella costruzione delle scenografie, assemblate da Giuseppe Bassan secondo le meticolose indicazioni del regista, in maniera tale da ricreare uno stile ispirato all’Art Deco e allo Jugendstil, tutto teso verso la geometria degli spazi e l’iperstilizzazione delle forme, come nei film espressionisti tanto amati dal cineasta romano. Un amore indirizzato in particolare nei confronti di Fritz Lang, la cui compagna, Joan Bennett, era stata scelta per il ruolo di madame Blanche anche per la possibilità di ascoltare qualche racconto di prima mano che riguardasse suo marito. “Ma lei rimandava sempre finché non finimmo le riprese e ancora lei non mi aveva detto nulla”, ha ricordato scherzosamente lo stesso Dario Argento, sempre sul palco del Petruzzelli, mentre ripercorreva alcuni aneddoti legati a grandi attrici del passato che aveva espressamente voluto nei suoi film, dall’indimenticabile Clara Calamai di Profondo Rosso all’Alida Valli di Suspiria e Inferno.
La singolarità irripetibile e maniacale – dell’ambientazione, delle location, dell’architettura e dell’arredamento – non si limita, però, solo al mondo fuori dal quadro filmico, al profilmico, ma forgia ovviamente anche il filmico: l’intento di Argento era esattamente quello di non fare neanche due inquadrature uguali in tutto il film. Perciò sia lui che il direttore della fotografia Luciano Tovoli si impegnarono enormemente nella cernita del materiale che poi sarebbe effettivamente finito sullo schermo. Nulla è casuale. Così come non lo è il commento sonoro dei Goblin, sempre pronto ad amplificare l’inquietudine generale, né la laboriosa artigianalità di alcune sequenze o di alcuni effetti speciali; lo stesso dicasi per la scelta di utilizzare una pellicola a bassa sensibilità, sviluppata ostinatamente con un costoso macchinario Technicolor che sarebbe stato l’ultimo del suo genere, fondamentale nell’accentuazione della profondità di campo e del senso di straniamento provocato dalla fortissima saturazione cromatica che il regista aveva apprezzato ad esempio in Biancaneve e i sette nani.
Intanto non dovrebbe mancare molto all’uscita del remake di Luca Guadagnino, che non ha coinvolto Argento nel processo creativo, limitandosi ad invitarlo sul set soltanto tempo dopo l’inizio della lavorazione del film. “Ma del mio ‘Suspiria’, da quello che ho potuto capire, c’è solo il titolo, acquistato da chi ne deteneva i diritti. E dunque non ci sono andato”, è stato il commento che ha chiuso la masterclass. Per rinvenire il tocco del maestro dell’horror, allora, non resta che aspettare la tanto attesa serie tv tratta, come Suspiria, dal Suspiria de profundis di Thomas De Quincey, di cui Argento dovrebbe dirigere un paio di episodi e il suo nuovo film, The Sandman, giallo tratto dal racconto breve Der Sandmann dello scrittore tedesco E. T. A. Hoffmann, le cui riprese però non sono ancora cominciate.