Black Coal, Thin Ice
Più di un detective noir: il nuovo corso del cinema cinese d’autore
Il 2014 è stato un anno fondamentale nel percorso di crescita del cinema cinese, non tanto per clamorose rotture con il passato quanto con il raggiungimento di una massa critica di forze ed energie. Massa critica di schermi e sale, di dimensioni dell’industria, di incassi al botteghino: superata la soglia dei quattro miliardi di dollari, il cinema cinese si è definitivamente imposto come una superpotenza dell’audiovisivo che né Hollywood, né il resto del mondo, possono ignorare. Lo stesso si può dire delle strutture produttive e distributive: i film degli ultimi anni hanno poco in comune con i grandi capolavori coccolati da Cannes e altri festival occidentali nei decenni scorsi, imbevuti di scoperta e di classicismo in egual misura. Erano gli anni in cui il cinema cinese rinasceva dopo il maoismo e la dittatura estetica delle “opere modello” supervisionate dalla moglie di Mao, Jiang Qing. Era l’anno zero del nuovo cinema cinese. Oggi il panorama non potrebbe essere più diverso: la produzione contemporanea della Repubblica Popolare è capillare e divisa in generi cinematografici altamente codificati, in continuo dialogo con l’Occidente e con le recenti sperimentazioni della settima arte. Tutto ciò costringe a mettere in discussione tutte le vecchie strutture interpretative che, troppo spesso, vengono ancora applicate ad una cinematografia che tendiamo a percepire in modo incompleto e distorto.
L’ultimo vincitore dell’Orso d’Oro del Festival di Berlino è il banco di prova ideale per capire cosa sta succedendo oltre la Muraglia. Black Coal, Thin Ice è il terzo lungometraggio di Diao Yinan, che con il suo Uniform si era già fatto notare come interprete sensibile delle trasformazioni e delle aporie della Cina di oggi.
Siamo alla fine degli anni Novanta. Il detective Zhang Zili (Liao Fan) indaga su un omicidio raccapricciante. Brandelli della vittima vengono rinvenuti per tutta la Cina del Nord, presso miniere e depositi di carbone. Le indagini portano ad un nulla di fatto, e alcuni dei suoi colleghi vengono uccisi in una sparatoria. Cinque anni di solitudine e alcolismo più tardi, Zhang è una guardia privata che sopravvive ai margini della società. Nel corso di un freddo inverno, una serie di omicidi simili a quelli di cinque anni prima lo spingeranno ad indagare privatamente. Le sue ricerche lo porteranno in una fredda cittadina ricoperta dalla neve. Una donna, impiegata in una lavanderia, sembra essere la chiave per raggiungere l’assassino...
Con Black Coal, Thin Ice, Diao vira dal cinema d’autore verso il prodotto di genere raffinato e intelligente. Come Jia Zhangke, Zhang Yuan, Lou Ye e moltissimi altri, Diao ha cercato nel pubblico il senso del proprio cinema, nonché l’unica possibile garanzia contro la marea di prodotti commerciali di scarsa qualità che si sono riversati nelle sale cinesi dagli anni Novanta in poi. Diao opta per un genere classico come il noir, trasfigurandolo ed adattandolo a un contesto culturale e geografico ben lontano dalla metropoli americana dove è nato e cresciuto. Improvvise esplosioni di comicità grottesca da fratelli Coen e cinema scandinavo completano le coordinate stilistiche di un’opera a tutti gli effetti contemporanea, globale, porosa.
Abbiamo di fronte il prodotto di una macchina-cinema e di un immaginario: il punto di congiunzione quasi perfettamente riuscito tra la capacità, tutta autoriale, di evocare un mondo e i valori di produzione di un’industria ormai adulta. La narrazione, la messa in scena e la fotografia costruiscono un equilibrio preciso tra tributo al passato e trasgressione al canone. Il titolo originale del film, che si traduce come “Fuochi d’artificio in pieno giorno”, rende ancora meglio il senso complessivo del film: è un gioco di contraddizioni e di stupori improvvisi, dove le aspettative dello spettatore sono continuamente demolite e manipolate. Ed è un piacere perdersi in questa storia e in queste immagini così ricche, che non danno risposte ma generano domande di senso. La neve, le luci al neon, il nero del carbone e della notte sono protagonisti ed eloquenti interpreti della Cina contemporanea e di quella, immaginaria e reale al tempo stesso, che Diao ha messo in scena.
Di fronte al naufragio critico di molti autori della Quinta Generazione, figure come quella di Diao Yinan sono importantissime. La Cina ha numerosi autori di cinema arthouse, noti agli esperti occidentali ma di certo non profeti in patria. Purtroppo, sono invece pochissimi i registi capaci di riempire il vuoto tra arte e mercato. Servono grandi autori di cinema di genere – e non basta importare i grandi nomi di Hong Kong, magari per ridurli a prodotti da exploitation di bassa lega. Il grande successo commerciale di Black Coal, Thin Ice è una novità e una speranza per una cinematografia che, complice un’età media del pubblico che è ben al di sotto di quella di un mercato maturo, rischia di condannare il grande, maiuscolo Cinema alla quasi assoluta irrilevanza. Per questo motivo, accoglieremo con entusiasmo i futuri fuochi d’artificio che illumineranno la grande notte.