Cardilli addolorati è un breve documentario – della durata di quasi un’ora – girato in Campania, interamente dedicato agli appassionati di uccelli. Bracconieri, mercanti, allevatori e uomini che hanno fatto dell’ornitologia quasi una mania si ritrovano ogni domenica per vendere e comprare uccellini in gabbia in un mercato “proibito”. I registi campani Carlo Luglio e Romano Montesarchio intrecciano così le testimonianze dei personaggi più insoliti e curiosi con il canto, sempre presente, di questi graziosi uccellini che per molte di queste persone è diventato una sorta di ossessione. Ecco allora che nelle parole degli intervistati – una “fauna” ben più variegata e bizzarra dei volatili che vengono qui descritti – prendono forma i racconti più incredibili e romanzeschi: l’uomo che senza il canto dei canarini sente di avere quasi uno “squilibrio ormonale”; quello che i volatili se li porta perfino nel letto per dormire accanto a loro; quello che ha preferito gli uccelli alla famiglia, e quando la moglie ha spruzzato l’insetticida nel nido dell’adorato cardellino ha preteso il divorzio.
Presentato al Torino Film Festival nel 2003, il documentario di Luglio e Montesarchio fotografa una Campania inconsueta popolata da personaggi stravaganti e singolari, spesso esuberanti e loquaci ma al contempo provati da una vita dura e difficile. Tra loro, ex carcerati e uomini che vivono ai limiti della legalità, dai modi apparentemente bruschi e rudi, che tuttavia hanno un’insospettabile, viscerale passione per questi animali fragili e delicati e per il loro canto. Soprattutto i cardellini vengono trattati come piccoli gioielli perché considerati capaci di un canto quasi miracoloso, che fa tornare il buonumore a chi è triste e allevia le sofferenze dei malati.
Citando nel titolo il racconto fantasioso di Anna Maria Ortese Il cardillo addolorato, ambientato appunto a Napoli, i due registi – già autori di altri lungometraggi e cortometraggi – descrivono un “mondo a parte” ma al contempo profondamente partenopeo (o meglio campano). La stessa fissazione per il canto dei cardellini non appare poi così insolita se la si inscrive nella dimensione della passione per il canto, forte di una solida e lunga tradizione a Napoli. Quella in cui ci portano le immagini del film è insomma una dimensione sotterranea, che i registi hanno il merito, con questo documentario, di portare alla luce.