Eismayer
Il vincitore della Settimana Internazionale della Critica di Venezia 2022 racconta i tabù all'interno dell'esercito.
Vincitore del Gran Premio della Settimana Internazionale della Critica, Eismayer di David Wagner racconta dell’omosessualità all’interno dell’esercito e di come ancora costituisca un tabù.
Il vice tenente Charles Eismeyer (Gherard Liebmann) è un perfetto esempio di istruttore dell’esercito “vecchio stampo”, con tanto di punizioni marziali e intransigenza verso ogni accenno di “diversità”. Il suo segreto però è quello di essere omosessuale, lo nasconde a lavoro così come tra le mura domestiche. L’arrivo del bosniaco Mario Falak (Luka Dimic), dichiaratamente gay, mette però in crisi la vita di facciata di Eismeyer.
Tratto da una storia realmente accaduta in Austria, il film di David Wagner è un lavoro lineare con i toni del melodramma. Il crollo delle certezze e l’amore tra Charles e Mario, la malattia, la separazione e il ricongiungimento, portano lo spettatore ad appassionarsi con testa e cuore. Purtroppo però il film pecca un po’ di eccessiva indulgenza verso i personaggi e di prevedibilità. Pochi momenti memorabili di evasione e molto sulla linea pedagogica e morale - per quanto rispettabile - che ci svela quanto in certi ambiti della società ci sia ancora repressione su orientamento sessuale e identità di genere. Esordio per il regista austriaco, nonostante la linearità della trama, il film non manca di cinefilia e citazioni verso grandi film, come il capolavoro Full Metal Jacket o il dramma dalle tinte omoerotiche di Claire Denis, Beau Travail.
In compenso Eismayer si concentra molto sui personaggi e ne delinea dei caratteri ben precisi: il duro protagonista che cela il segreto e il giovane cadetto che con la sua “innocenza” riuscirà a portare uno stravolgimento. Il vice tenente dovrà infatti affrontare se stesso in maniera tanto dura quanto la disciplina adottata per le sue esercitazioni. Quel rigore che richiede ai suoi allievi è quello che per tutta una vita ha tenuto celata la sua vera natura e solo una personalità pura e reale come Mario riuscirà a farlo sentire per la prima volta davvero vivo. Il punto d'arrivo è un film certamente apprezzabile, ma che non esce dai binari di tanto cinema queer.