Lui m’avrebbe dato tre quarti de lui,
tre quarti de Pasolini,
pe’ parla’ come me romano.
Tarzanetto
Questa che raccontiamo è una Roma bassa, fatta di calcinacci e prati, una Roma alle porte di Roma, non ancora insediata ed invasa dal cemento, una Roma vecchia e povera, madre, amante e puttana de chi ce abita. Una Roma madre di giovani che per strada ci crescono, che con la vita ci giocano a calcio, con una porta inventata su un proscenio d’erba, davanti alla quinta dei palazzoni che li sorvegliano. Tutti hanno un soprannome dato per una cazzata o per un’impresa eroica, tutti hanno una loro storia ma non tutti se la ricordano. Alcuni c’hanno litigato, con la vita, e non lo possono raccontare, altri, so’ Tarzanetti, cioè quelli che due bei cazzotti l’hanno assestati, ne hanno presi però non si sono arresi, pochi ma ce stanno, e ci stanno ancora, basta cercarli e saperli riconoscere, ed Alberto, detto ai tempi er Mela, è uno di loro. I Ragazzi di vita so’ cresciuti e si raccontano.
Alberto Testone, una moglie, due figli ed un laboratorio a carico, fa l’odontotecnico a Fidene, in quel testicolo di Roma che fino a poco tempo fa sembrava paese, perché se una città è un corpo le periferie non possono che esserne i coglioni. “Annamo a Roma co le moto“, si dicevano da ragazzi, quando tra una “pinna” e l’altra si spostavano come gruppo, come C.B.F, Centauri Borgata Fidene. Atteggiamenti da borgata, che andavano de moda tempo fa, come quel Pigneto di una volta, quel Pigneto di Accattone, quella borgata di poracci. E la “borgata” qui usata, è un termine esteso, democratico, la vita della borgata è uguale in tutte le borgate. E chi scrive alza la mano, rispondendo presente, sentendosi parte integrante di questo stile di crescita necessario e vincolante.
Ma Alberto vuole pure fare l’attore, e lo fa, gli dicono che assomiglia a Pasolini, allora se ne interessa, lo legge, va alla ricerca del Poeta delle periferie, ogni appuntamento è buono per scoprire qualcosa di lui. Lo interpreta anche, per dieci sere in piazza a San Lorenzo. E’ difficile, si scoraggia, ma Testone è testone, non si arrende e continua a crederci. Fino a quando il sogno non cade nella realtà e tutto diventa possibile, lui ci prova e sembra riesca nell’interpretare proprio quel personaggio che ha tanto rincorso e che vedremo nel film Pasolini – La verità nascosta di Federico Bruno. Ma intanto Testone ci racconta della sua testardaggine, parla con i suoi amici, come Er Caciara, cresciuto anche lui facendo a pugni con il mondo, nato lo stesso giorno della morte di Pasolini, qualche lavoro come attore da ragazzino, ed una casa occupata da difendere. Oppure come Er Miccia, o come quei ragazzi di Tor Bella Monaca che fanno rap, o come Tarzanetto, quello vero, che nell’intervista ci racconta di lui e di Pasolini, come sempre ogni volta fa e come è giusto che sia; o come Vinicio Marchioni, che ci ricorda la dignità nel lavoro, e che pure lui, Tarzanetto tra i Tarzanetti, ogni tanto la borgata non sa trattenerla, come quando al bancone di un bar, livella tra le livelle, mantiene fede al detto: “In chiesa Santi ed in osteria briganti“.
Fatti Corsari di Stefano Petti e Alberto Testone, già Premio Speciale della Giuria e Premio Avanti all’ultimissimo Torino Film Fest, si conferma essere una solida opera documentaria, che ci presenta un uomo-attore che si prepara ad interpretare Pasolini. E l’interpretazione è totale quando l’uomo si inserisce all’interno della storia e delle parole del personaggio da interpretare, quando lo insegue nei luoghi che ha vissuto, seguendone la scia energetica latente del suo passaggio. Come quando Giuseppina, del Ristorante Biondo Tevere, racconta di Pasolini che veniva, si sedeva in disparte ed osservava altre storie, scrivendo sempre. E così Testone lavora, da gran caratterista osserva le persone che lo circondano, ne tratteggia i temperamenti, un istrione di periferia che ci rifa l’anziana nonna preoccupata per la propria dentiera. E ne fa altri, perché lui sa osservare tanto bene, coglierne le caratteristiche, i tic, ma Pasolini è Pasolini, troppo importante per trovarci del comico, bisogna conoscerlo per saperlo interpretare. E così il documentario procede distinguendo le dimensioni dell’essere e dell’interpretare, presentandoci un Testone che racconta della sua vita attraverso il personaggio di Pasolini, facendoci quasi rabbrividire quando in lui si riconosce la somiglianza somatica e negli intervistati l’ontologica appartenenza. Stessa sensazione è avvertibile quando si inverte il punto focale, cioè quando ci viene presentato un uomo prima ancora dell’attore, quando l’uomo Testone parla e si racconta, raccontandoci il suo mondo, alla ricerca di quel Pasolini che sembra parlare adesso di lui e di quei ragazzi a cui tanto ha dato ascolto. È Pasolini che contestualizza il tutto. Pasolini è nel personaggio da interpretare di Testone, Pasolini è negli occhi di Tarzanetto e vive nei suoi racconti, Pasolini\\Testone ora sta sul terrazzo che si fa raccontare quella brutta storiaccia di chi, senza una casa, dormiva in macchina con la moglie incinta e che adesso ha occupato una casa; è a Pasolini\\Testone che quei ragazzi, al parco, raccontano le storie di come si vive a Tor Bella Monaca. L’identità personale si assottiglia: l’attore diventa personaggio ed il personaggio racconta dell’attore. Testone diventa Pasolini, e Pasolini racconta, ancora oggi, di Testone, dando parola a quelli che ne fanno parte. Pasolini c’è e lo si riconosce anche se nel corpo di un altro.
Robusto e compatto documentario, che unisce molto materiale differente in un unico e fluido racconto auto-prodotto; dal montaggio, collante necessario e ben dosato, fino ad arrivare alle musiche, tutto si condensa affinchè questa storia possa essere raccontata. Nota di merito al regista, Stefano Petti, artigiano di spessore che durante i due anni di dispendioso lavoro, accudisce lo sviluppo dell’idea con la placida serenità di un “padre”, come un testardo Geppetto che costruisce dal legno grezzo della Storia un viaggio umano e particolare, teso verso il sogno di interpretare chi ha conosciuto la borgata, come Pasolini, mentre ci racconta chi la borgata continua a viverla come da buon “Testone”.