The Liability, pellicola targata Uk e firmata da Craig Viveiros, già presente al Torino Film Festival lo scorso anno col deludente Ghosted, è il terzo lungometraggio del regista britannico. Film che, sulla carta, pareva promettere bene: in primis, per la presenza nel cast di due giganti come Peter Mullan e Tim Roth, e per un canovaccio narrativo apparentemente intrigante.
Il diciannovenne Adam (un convincente Jack O’Connell), ha una madre bella e procace e un ricco patrigno, Peter (Peter Mullan) invischiato (a dir poco) con la malavita. Dopo aver distrutto l’auto dell’uomo, si vede assegnare come punizione l’incarico di autista per conto di Roy (Tim Roth), un killer in procinto di uscire dal giro. Non tutto fila liscio come dovrebbe per il maldestro Adam, che non ha la stoffa del malavitoso, e l’incontro con una ragazza che ha dei conti in sospeso con i loschi traffici di Peter (una Talulah Riley troppo bamboleggiante per risultare credibile) complicherà ulteriormente la situazione.
L’ opera si rivela deludente su più fronti: Mullan (la cui presenza sullo schermo è dosata col contagocce) e Roth recitano senza troppa convinzione, interpretando uno stereotipo di loro stessi, per quanto il personaggio di Mullan, nel finale, riesca a regalare uno dei momenti migliori del film, e la presenza di Roth sia sempre un cinefilo piacere. Due giganti usati come specchietto per le allodole, che non bastano a salvare un prodotto sostanzialmente inconsistente e senz’anima, l’ennesima pellicola di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Viveiros è ambizioso nel tentativo di mescolare generi diversi (gangster movie, dramma e commedia), ma il risultato è soltanto un’incertezza di registri scarsamente convincenti. Il lato comedy si regge su gag risapute e situazioni trite, i momenti drammatici scadono in un buonismo nauseante ed il coté noir, l’unico su cui sarebbe stato lecito puntare qualcosa, non è altro che l’ennesima, scialba fotocopia degli innumerevoli gangster movie britannici alla moda passati sugli schermi nell’ultimo decennio. Si assiste così a una fiera del già visto, un insieme fragile e fatuo, che parte da uno spunto potenzialmente efficace, sprecato nell’imboccare la strada più facile e superficiale.
L’incipit è buono, con una scena di omicidio sulle note di Una rotonda sul mare di Fred Bongusto, indubbiamente derivativo ma convincente; la premessa/promessa viene ben presto smentita da una sfilata di luoghi comuni e situazioni improbabili, in un film privo di nerbo e di una cifra stilistica caratterizzante. The Liability è risultato, tuttavia, assai gradito a una fetta di pubblico del Torino Film Festival, in una prima proiezione astutamente collocata di sabato sera: ciò è sintomatico della natura esclusivamente commerciale della pellicola, adatta ad una distribuzione in sala ad uso e consumo di palati non troppo fini, ma che risulta fuori luogo in un Festival le cui selezioni non necessitano di strizzare l’occhio al botteghino.
L’opera di Viveiros, dunque, si preannuncia come un potenziale successo al box office, ma non possiede la robustezza necessaria per poter essere considerata pregevole: un film vuoto, che non lascia assolutamente nulla e che si dimentica con la facilità propria dei tipici prodotti mordi e fuggi.