Hotel Transylvania 2
Fiero di una narrazione emotiva e sgangherata, Hotel Transylvania 2 scorre via senza cali di ritmo dando spazio comico al mostruoso e al grottesco. Con tocco garbato.
Sondato il terreno delle specie diverse (umani e mostri, l’orrore è dentro o fuori di noi?), la paura del crescere, nonché la suddivisione popolare con cui guardiamo al mondo e alle creature che lo popolano, il mostruoso sequel di Hotel Transylvania batte fedele la sua formula iniziale: ovvero la storia di un passaggio di amorosi rapporti fra un padre benevolo e la giovane figlia, pronta qui al grande salto materno. Una festa emotiva e colorata di personaggi sgangherati (che devono molto a La famiglia Adams), dove l’analisi di se stessi si propone sempre attraverso l’equilibrio costante di un’action maldestra, una comicità pressoché slapstick che gioca sulla propria natura mostruosa quanto sulla propria inclinazione personale. Mostri, che non a caso, compongono quell’amabile reggimento basato sulla giustapposizione di smorfie incongrue e divertenti, in un tripudio immaginifico-pop il cui tenore grottesco è rivolto al target dei più piccoli (senza nascondere la testa sotto le coperte). Non più sfruttando l’unità di tempo di una sola notte come avveniva nel predecessore, ma costruendo sulle strade ’impervie’ che la vita riserva – come il divenire genitori - la riconferma dei suoi valori positivi ed universali: l’importanza dell’amicizia, l’amore famigliare e una solidarietà sempre in bilico tra gustosi siparietti e un candore infantile. Letteralmente ’garbato’.
Forte di un’esperienza che va dal televisivo al pluripremiato Star Wars: la guerra dei cloni, il regista Genndy Tartakovsky (nato in Russia e cullato nel gotico) fa leva, ancora una volta, sull’innata impronta citazionista che guarda dritta alla scena horror europea. Perché tutto concorre ad allestire la figura del millenario Conte Dracula, vampiro iconico con l’agilità di un ballerino contemporaneo, intorno al quale far ruotare un film corale ad alto tasso di energia inventiva, benché nessuna singola partecipazione abbia il diritto a momenti di gloria personale. L’autentica star a cui spetterà l’ingrato compito – assieme a Frankenstein, Murray la Mummia, Wayne il Lupo Mannaro e Griffin l’Uomo Invisibile (nella piena tradizione fantastica della Hammer) – di nascondere al succhiasangue padre, Conte Vlad (doppiato in originale da Mel Brooks), l’animo umano dello sposo della figlia e (forse) del piccolo e ricciuto Dennis. Senza mai perdere le redini del racconto principale, Hotel Transylvania 2 dà spazio comico ad un mondo popolato da freaks deliziosamente ironici e che pretendono - dal pubblico - il ’volo’ della sospensione dell’incredulità. Un decollo lontano dagli epigoni adulti dei tanti gioielli partoriti in casa Pixar (non ultimo Inside Out), eppure filtrato da un romanticismo sincero che conserva lo smalto delle battute e una chiarezza dal sano divertimento.
Gradevole divertissement teso a non prendersi mai troppo sul serio, è infine la sceneggiatura cofirmata da Adam Sandler e Andy Samberg a infondere quel ritmo scanzonato - dal background americano – pensato per un pubblico giovanissimo. Gag esilaranti, strampalate imitazioni e sorrisi spigliati, malgrado un’originalità che niente aggiunge né toglie, senza fondare basi solide per eventuali futuri capitoli. Tartakovsky compensa un copione stravisto (che fa delle discriminazioni razziali il suo cavallo di battaglia) con il rigore grafico di clownerie e animazione buffonesca dichiaratamente più interessata alla forma che alla sostanza. A maggior ragione è sotto la lente di un marcato umorismo dark, vuoi iconoclasta, che l’assurdità di alcuni personaggi trova l’esatto opposto a quello previsto per il loro genere: vittime nella moda della ’selfiemania’, benché terrorizzati dalla presenza degli esseri umani. Caratteristiche che irrompono sullo schermo ed incendiano la morale, costruendo un film parallelo abilissimo nell’espandersi sulle corde del cuore. E’ invece quando la favola incontra la disquisizione filosofica, che Hotel Transylvania 2 tende a dribblare le questioni più spinose al motto "L’universo è bello perché vario". Insomma, un sequel che non sopprime le sue morali benpensanti e gareggia in qualità con l’originale, imponendosi nuovamente come opera comedy attraverso l’aspetto educativo dell’integrazione razziale. Per una piacevole ora e mezza di sorrisi attestati su altissimi livelli grafici (grazie anche a un 3D di ottima fattura), nell’ambito di una parodia ’conviviale’ in cui l’eccesso horror diviene un semplice rischio calcolato. E buona pace se l’azione non fa coprire gli occhi con le mani.