Ieri/oggi - Speciale Howard Hawks: Susanna!
Di una modernità sconcertante, il capolavoro di Hawks supera rapporti di potere e ribaltamenti di genere per aderire alla forza irrazionale dell’assurdo.
Chissà Martin Scorsese, girando Fuori Orario, quante volte avrà pensato a Susanna! (Bringing Up Baby in originale). Chissà se nell’architettura notturna di quella geniale detour kafkiana il riferimento primo non fosse proprio la screwball comedy per eccellenza, quella squisitamente iperbolica rappresentata dal capolavoro di Howard Hawks. Che certo non è tutto in una notte ma procede intelaiando una serie di sventure sempre più assurde, irruente e disastrose. A pagarne i danni il personaggio di Cary Grant, noioso paleontologo tutto scienza e raziocinio in procinto di sposare una donna che pare la sua ombra. Attende trasognante una clavicola intercostale mentre ammira lo scheletro di un brontosauro che vale più del suo futuro matrimonio. L’ingresso di Katharine Hepburn è subito uno shock: conserva tutta la potenza e l’irruenza di uno tsunami. Lei è la forza della natura, creatura libera e irrazionale, selvaggia e magnetica, continuamente eccedente: dinamite femminile pronta a far saltare in aria un intero sistema di valori.
Di una modernità sconcertante, completamente in anticipo sui tempi (siamo nel 1938!), Susanna! supera rapporti di potere e ribaltamenti di genere per aderire alla forza irrazionale dell’assurdo. Cary Grant perde tutto: lavoro, matrimonio e ragione. Totalmente in balìa della Hepburn, viene fagocitato dalla sua carica irrefrenabile e primordiale: non può farci nulla, qualsiasi resistenza si rivela inutile. Prova a combattere invano ma poi dichiara la sua resa incondizionata, che poi è la sconfitta dell’ordine e del decoro di fronte alla forza selvaggia dell’iperbole. La commedia sola, Hawks lo sapeva benissimo, può scalfire, oltraggiare, perfino offendere il comune senso della misura. Questo film anarchico e sfacciato, che fugge da ogni schema e ordine prestabilito, ci invita all’esilarante (e iconoclasta!) distruzione di equilibri o zone di comfort. La celebre, spettacolare caduta finale del brontosauro sta lì a testimoniarlo. Perché questa non è la solita rom-com, i protagonisti non si baciano come nell’happy end da classico americano ma piuttosto cadono rovinosamente in una gag slapstick che ha ingoiato il mondo intero. Prede e cacciatori, tutte parti di un girotondo dell’assurdo dove i leopardi sono animali domestici e i cani guidano le caccie al tesoro.
Si può guardare Susanna! come alla regina delle commedie degli equivoci, come al capolavoro situazionista capace di raggiungere un tale livello di parossismo da anticipare in cento minuti tanto, tantissimo cinema che sarebbe venuto (c’è perfino una strepitosa sequenza di travestitismo che arriva vent’anni prima del capolavoro wilderiano). Da qualsiasi prospettiva una cosa è certa: ancora oggi, ottant’anni dopo, vedere Susanna! è un’autentica goduria. Il ritmo è sfrenato, il movimento impudico, i dialoghi rimbalzano a velocità insondabili, le gag raggiungono picchi di crudeltà insuperate. Fino alla nevrosi, a un passo dalla follia. Si muore dal ridere, letteralmente.