Pretenders

di James Franco

James Franco tenta una rilettura del triangolo alla “Jules et Jim” seguendo una messa in scena singolare, ma il risultato appare superficiale e sconclusionato.

Pretenders di James Franco - recensione film

Pretenders era uno dei film più attesi della trentaseiesima edizione del Torino Film Festival, ennesima opera di James Franco arrivata al Festival torinese in anteprima mondiale.

Prima di vedere un film dell'ex star di Freaks and Geeks ormai ci si chiede come faccia a lavorare così tanto, ad essere sul set di film e serie televisive come interprete e contemporaneamente a realizzare film da regista a una velocità che farebbe impallidire anche coloro che di impegni ne hanno pochissimi. Si ha infatti la sensazione che ci siano poche persone ad Hollywood ad amare il cinema come James Franco, a vivere il fare cinema, davanti e dietro la macchina da presa, con la stessa abnegazione e la stessa inscalfibile voglia di lavorare. Tuttavia quando si produce così tanto la qualità media delle opere tende inevitabilmente a calare, perché l'attenzione e la misura con cui si fanno determinate scelte non possono che scendere a patti con l'urgenza del momento. Dopo la voglia di raccontare la storia della realizzazione di The Room in The Disaster Artist, l'obiettivo di Franco in questo caso è quello di omaggiare l'amore per il cinema, riportando in vita non tanto la cinefilia in sé quanto un certo modo di rappresentarla.

Più che un omaggio ai cineclub parigini degli anni cinquanta e sessanta, Pretenders rappresenta un una rilettura di The Dreamers di Bernardo Bertolucci, presentandosi quasi come una sorta di omaggio dell'omaggio. Riprendendo l'ormai archetipica situazione narrativa dei tre amici, due uomini e una donna, il regista colloca la sua storia tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, provando a realizzare sia il suo personale Jules et Jim e sia a mettere in scena quella irresistibile venerazione per il film di Truffaut e tutta la Nouvelle Vague francese.

Pretenders è diviso in due parti, una ambientata negli 1979 e l'altra nel 1983. Nella prima, nettamente la più riuscita, Franco presenta i personaggi, delinea in maniera non proprio approfondita ma comunque abbastanza efficace la passione di Terry per il cinema francese e per colei che sarà il principale oggetto del suo desiderio, Catherine. Al contempo viene pian piano presentato anche Phil, altra faccia della mascolinità che inizialmente ha il ruolo di figura comica, poi quello di mentore, a tratti quello di antagonista e spesso quello di spalla del personaggio principale. I tre nel primo atto del film mettono insieme una sorta di squadra in cui la passione per il cinema e l'amore per il divertimento sfrenato fanno da costanti relazionali. Parallelamente però emerge anche una sorta di autocritica abbastanza esplicita a questo triangolo, che sottolinea quanto un immaginario fatto di uomini di cultura e donne che sono prevalentemente oggetti del desiderio sia mortificante per le spettatrici di sesso femminile, che vedono sullo schermo sempre e solo il mondo sotto una prospettiva maschile. È come se da una parte ci fossero la fascinazione, l'incanto e la libertà dei seventies, ma dall'altra si volesse inserire in maniera un po' posticcia una riflessione spiccatamente contemporanea.

Se la prima parte di Pretenders risulta in ogni caso godibile e piena di amore per il cinema, nella seconda il film sembra perdere l'equilibrio, mettendosi a giocare su troppi campi contemporaneamente senza riuscire, anche per ragioni di spazio, a portare a termine i suoi discorsi. A partire proprio da quel tema sulla femminilità imprigionata affrontato nel segmento ambientato nel 1979, la parte ambientata dal 1983 in poi riprende in maniera pedissequa quel tipo di rapporto, volendone essere per certi versi una sorta di critica, più o meno esplicita. È come se dopo aver introdotto in teoria il lato oscuro di quel mondo il film ne volesse mostrare l'applicazione concreta, creando un triangolo amoroso simile a tanti altri e caratterizzato dal desiderio di due uomini per una donna bella, affascinante e quasi mai capace di esprimersi in prima persona. A conti fatti però l'operazione risulta abbastanza fallimentare per diversi motivi. Innanzitutto per la potenza e l'efficacia del discorso: se si vuole raccontare la tossicità dello sguardo maschile allora bisogna andare un po' oltre l'aspetto denotativo e aggiungere profondità a una riflessione che invece è abbastanza superficiale; se invece si vuole rispondere in maniera costruttiva cercando di dare ai ruoli femminili quello spazio che da sempre gli è stato privato, allora bisogna procedere in una direzione molto diversa.

A questo proposito è abbastanza evidente che nel 2018, quando la riflessione sulla rappresentazione femminile ha fatto passi da gigante grazie ad autori e soprattutto autrici che al cinema e forse ancora più in televisione hanno raccontato alla perfezione figure femminili con una profondità che un tempo rappresentava una rarità nel migliore dei casi, una scelta come quella di Franco risulta come minimo ingenua. Pur volendo dare il beneficio del dubbio a un'operazione che, soprattutto per come evolve nella sua seconda parte non sembra avere una particolare coerenza, non si capisce perché per raccontare la tendenza all'oggettivazione della donna da parte dello sguardo maschile il regista decida di escludere ogni tentativo di costruire un personaggio femminile in grado di fare da contraltare virtuoso.

Pretenders è un film che dimostra ancora una volta che per James Franco fare cinema è prima di tutto un atto d'amore, ma allo stesso tempo ribadisce come troppo spesso nel suo cinema a fronte di ottime intuizioni non corrisponda un'adeguata attenzione nella realizzazione. A risentirne, in questo caso, sono soprattutto i personaggi, non solo imprigionati in stereotipi ormai usurati, ma anche privi di spessore e legati da rapporti mai costruiti in maniera adeguata.

Autore: Attilio Palmieri
Pubblicato il 30/11/2018
USA 2017
Regia: James Franco
Durata: 90 minuti

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