Innocenti Bugie
Indie addio: James Mangold approda definitivamente al blockbuster su commissione, scopre i grandi budget e rilancia con stile la carriera stagnante di Tom Cruise.
Nella seconda metà degli anni 2000, James Mangold è ormai avviato a ricollocare definitivamente il proprio ruolo professionale all'interno dell'industria. L'ex giovane autore dei circuiti Sundance, regista di Cop Land e Dolly's Restaurant, è oggi un implacabile regista su commissione, orgogliosamente al servizio di major e star, amministratore diligente di budget che, a inizio carriera, gli sarebbero probabilmente bastati per girare quindici film. L'ultimo Quel Treno Per Yuma, progetto personale cullato per almeno un decennio, non è andato bene; il western del 2007 rappresenta a oggi forse l'ultimo lavoro pienamente autoriale per il regista, chiamato da allora a “scontare il debito” mettendo il proprio talento con gli attori a disposizione dei grandi studios. Il successivo Innocenti bugie è dunque il classico spec-script da vecchia Hollywood; quel tipo di sceneggiature “acquistate” a scatola chiusa dalle major presso autori freelance, e messe da parte a maturare in attesa che si palesi il cast artistico opportuno per entrare in produzione. Il copione originale è da tempo a prendere polvere sulle scrivanie Sony, e dopo anni di development hell e decine di riscritture, firme, adattamenti e correzioni, trova finalmente in Mangold il regista designato. Con l'arruolamento di Tom Cruise (la presenza del quale è sufficiente a trasformare una produzione a budget medio in potenziale blockbuster estivo), Knight and Day assume la sua forma definitiva: da rom-com per signore, a kolossal d'azione per un pubblico trasversale e distribuzione imponente.
Come Mangold, Cruise è un altro grande nome bloccato in una sorta di guado di metà carriera. Nei quattro anni precedenti le sue uniche uscite si sono rivelate il pesantissimo flop di Leoni per agnelli, e l'altrettanto sottostimato Operazione Valchiria di Singer. Crisi d'identità a parte, Cruise è ancora un nome in grado di spostare milioni; l'intento del progetto Innocenti bugie è quello di riportarlo alle origini, quando era il fidanzatino action d'America, prima di Scientology e dei divorzi. Il puzzle si completa dunque con Cameron Diaz, e il film parte con il folle budget di 125 milioni di dollari e un deciso cambio di rotta in direzione Mission Impossible in rosa. I precedenti illustri si sprecano: da True Lies a Guardia del corpo, da All'inseguimento della pietra verde fino a mezza filmografia di Harrison Ford. Praticamente, è un tipo di film che si gira da sé.
Giocare con l'immagine pubblica del proprio attore in relazione al protagonista interpretato è sempre stato il trucco scoperto nel cinema di Mangold. Con Innocenti bugie, il regista si trova per le mani una potenziale bomba inesplosa: la più grande star del pianeta, al minimo storico di gradimento e stabilità mentale. Il film del 2010 affronta a viso aperto questo non detto: il suo eroe è dunque una sorta di versione inquietante di Ethan Hunt - schizzato, mezzo psicolabile, ben poco rassicurante. Pressoché la maniera in cui era visto Cruise stesso, nel periodo della disgraziata ospitata tossica da Oprah Winfrey, dei deliri misticheggianti, delle feroci parodie di South Park e Scary Movie vari. Seppur raccontata attraverso gli occhi di June/Diaz, la storia della ragazza della porta accanto precipitata al centro di un intrigo internazionale da un agente rogue mezzo pazzo viene declinata allora secondo le maschilissime dinamiche del maschilissimo cinema di Mangold. Knight and Day è tutto, al cento per cento un film di Tom Cruise. Brilla finché c'è lui a cannibalizzarlo (la prima parte), e cala come ne diminuiscono le scene (il debole terzo atto).
Rispetto agli importanti modelli produttivi citati, Innocenti bugie soffre giusto uno script visibilmente riscritto all'infinito, prevedibile in ogni svolta e battuta, sospeso tra mille spunti senza nessuna direzione particolare (a fine film non si è capito molto dei personaggi, delle loro interazioni né del loro percorso personale). E pur non brillando neanche nell'azione su larga scala (mai stato il pane di Mangold), nel complesso vince comunque. La meccanica “pazzo scocciato + ragazza acqua e sapone” è indovinata, e la chimica tra i due protagonisti fa il resto. Tom è una bomba, Diaz regge il suo ruolo tipico con l'aria di divertirsi il giusto, Mangold scompare tra le righe: tiene il volante della screwball comedy con esplosioni, e conduce la nave in porto a occhi chiusi.
Il film con il budget più alto e probabilmente meno personale nella carriera del regista segnerà dunque un lieto fine per tutti i partecipanti in gioco. Lanciato in pieno periodo estivo, Knight and Day è un trionfo: Cruise sarà riabilitato, e riprenderà in mano con successo l'amatissima saga di Mission Impossibie; Diaz infilerà una piccola sequenza di ruoli e successi clamorosi, fino all'altrettanto clamoroso ritiro del 2014. James Mangold erediterà il franchise di Wolverine, più nelle sue corde, destinato a rappresentarne lo spartiacque decisivo nell'ultima fase di carriera.