The Tale
Il film di Jennifer Fox è un'intensa e turbolenta autobiografia cinematografica alla ricerca di un trauma sepolto.
The Tale comincia con uno schermo nero e una voce fuori campo che dice: «Questa è una storia vera, per quel che ne so». Nell'associazione di queste due frasi, posta al cancello d'entrata del film, sono contenuti alcuni dei concetti più importanti affrontati dal lavoro di Jennifer Fox.
Innanzitutto la prima persona: l'intero film è un racconto estremamente personale, una finestra spalancata sulla vita dell'autrice, in grado di mostrare qualcosa di sconosciuto non solo agli spettatori ma anche alla narratrice stessa. Infine ci sono le ultime parole, quelle che mettono in dubbio («a quanto ne so»), quelle che mostrano l'inevitabile inattendibilità del racconto, che rivelano una memoria turbata, un passato confuso, un insieme di ricordi in attesa di trovare una corretta sequenza oltre che la giusta limpidezza.
Facciamo un passo indietro. The Tale è un film scritto e diretto dalla regista e sceneggiatrice Jennifer Fox, prodotto e trasmesso da HBO, che racconta la progressiva presa di coscienza di una donna vittima di ripetuti abusi sessuali sepolti nel passato e nella memoria. La caratteristica principale del film però è data dalla sua natura autobiografica: le parole che si ascoltano in apertura sono esattamente quelle dell'autrice, perché The Tale è prima di tutto un film autobiografico, un memoir che parte dalle lettere che la stessa Jennifer Fox ha scritto all'età di tredici anni quando è stata vittima di Bill e della Signora G. mentre frequentava un centro di equitazione. I due erano una coppia e per anni hanno sfruttato l'innocenza di giovani apprendiste per il proprio egoistico piacere.
Il tempo presente mostra Jennifer (incarnata da una straordinaria Laura Dern) che ha da poco superato i cinquant'anni, vive una relazione sana e stimolante con un uomo di colore (interpretato dal rapper Common) e un rapporto con la madre decisamente perfettibile. Soprattutto però, Jennifer ha ripreso in mano le lettere scritte a tredici anni e inizia a fare realmente i conti con il proprio passato e con la possibilità di aver subito un trauma che la sua memoria ha trasformato in qualcos'altro.
A partire da queste basi e dalla centralità della Jennifer Fox persona/personaggio all'interno del film, emerge la Jennifer Fox regista e narratrice. Come si mette in scena la memoria? Come rappresentare un'autobiografia audiovisiva incentrata su un trauma? Come raccontare un abuso subito ripetutamente, i meccanismi di autodifesa del proprio cervello e le scorie accumulate nell'arco di quarant'anni di vita?
A queste domande l'autrice risponde mettendosi in gioco completamente e affidando al proprio alter ego tutta la propria passione, il proprio dolore e la propria determinazione. Jennifer Fox mette in scena i dubbi e le incertezze della protagonista sin dal primo momento, ma al contempo ne sottolinea la tenacia, la voglia di guardarsi dentro e di andare a fondo nel proprio passato. A completare questo discorso la regista costruisce il film su un doppio livello, affiancando alla scoperta del trauma nascosto nella memoria la rappresentazione di quello stesso evento. Sotto questo punto di vista il film assume contorni totalmente soggettivi, utilizzando le immagini in movimento per riportare alla luce le ferite sepolte nella memoria attraverso una focalizzazione totalmente interna.
È forse proprio questa una delle cose più interessanti di The Tale, ovvero la costante riflessione sulla natura della memoria, sui meccanismi di difesa dell'essere umano nel momenti in cui subisce traumi. Per molti anni infatti Jennifer è stata convinta che il rapporto tra lei e Bill avesse una natura consensuale, ma solo dopo quarant'anni riesce a elaborare davvero l'accaduto, facendo una vera e propria attività di ricerca sia all'esterno (rintracciando le persone che quarant'anni prima sono state in maniera più o meno diretta testimoni degli abusi) sia all'interno, scavando profondamente dentro la propria memoria per entrare in contatto diretto con una ferita mai davvero rimarginata.
Jennifer Fox nel resuscitare i fantasmi del passato mette in scena la natura magmatica e anarchica della memoria, facendo della Signora G. un gigante agli occhi della se stessa bambina, un modello femminile inarrivabile (grazie anche all'azzeccata scelta di Elizabeth Debecki), salvo poi presentarla nel presente come una donna decisamente normalizzata, in particolare riguardo all'altezza (come dimostra la scelta della bravissima Frances Conroy).
Allo stesso modo viene messo in scena in maniera perfetta il tentativo del cervello della protagonista di difendersi dal trauma: Jennifer ricorda se stessa molto più grande e più donna di quanto in realtà non fosse, ed è abbastanza disturbante ancorché efficace la giustapposizione tra l'immagine di sé a tredici anni che ha sempre avuto e quella reale, ovvero nulla di più di una bimba, interpretata benissimo da Isabelle Nélisse, che infatti al momento delle riprese aveva solo undici anni.
Proprio come la nostra memoria e come ogni percorso di ricerca anche The Tale ha una natura profondamente evolutiva, acquisendo nella seconda parte una forma differente rispetto alla sua natura iniziale. Quella che è partita soprattutto come una forma di autoanalisi cinematografica, un processo di scoperta del sé e in questo modo presa di coscienza di un abuso, diventa un discorso che si estende al collettivo.
Il percorso di Jennifer infatti diventa progressivamente un'operazione di sensibilizzazione collettiva che parte dalla sua prima e più importante figura femminile di riferimento, la madre. In materia di abusi The Tale insegna soprattutto l'importanza della comunicazione, il valore che ha aprire un canale di dialogo con altre donne, prima di tutto in famiglia. È attraverso la scoperta della natura del proprio trauma che Jennifer costruisce un rapporto con la propria madre sempre più solido e l'autrice è puntuale nel mostrare come le due donne, specchiandosi l'una nell'altra, vengano in contatto con parti di sé stesse e della femminilità tout court a loro sconosciute.
Con il procedere del film la sete di verità della protagonista (e di rimando quella dell'autrice) dà vita a un sentimento di rivalsa di genere che finisce per abbracciare quasi tutte le figure femminili, dalle compagne del passato alle allieve di oggi. La vendetta finale di Jennifer è un atto catartico e liberatorio, profondamente personale ma anche dalla portata universale, simbolo di una discontinuità da cui è impossibile tornare indietro.
The Tale prima ancora di essere un'intensa e intelligente autobiografia audiovisiva è un prodotto necessario, un film che si pone il problema di parlare dell'abuso sessuale e delle difese che il cervello adotta per fare i conti con la violenza subita e lo fa senza alcun compromesso. Jennifer Fox, esattamente come Tig Notaro in One Mississippi e Frankie Shaw in SMILF, capisce che il modo più diretto, impattante ed efficace per affrontare questi temi è prenderli di petto mettendo al centro della narrazione l'esperienza personale, usando lo storytelling come strumento di riflessione e di sensibilizzazione.