The Knick / Soderbergh - Chirurgia dell'immagine

Apologo sui paradigmi del Novecento, le cui pulsioni idiosincratiche e distruttive rivivono negli albori della società dello spettacolo, nel teatro degli orrori del medical show. Acuta riflessione sul rapporto tra macchina capitalistica e corpi, all’insegna di un consumismo materico che appiattisce la carne e il sangue a pezzi di ricambio. Disamina della malattia e del contagio, sociale, virale, carnale, che vive e si moltiplica nello iato tra la superficie e lo sguardo. Ma prima di tutto questo The Knick è una fenomenale serie televisiva, o meglio ancora è la serie che ancor più di True Detective sta portando finalmente il prodotto televisivo agli occhi della critica e degli studi cinematografici in Italia.

Complice la presentazione integrale al Festival di Roma, la prima dedicata non ad una miniserie ma ad una stagione intera di una serie tv, The Knick è il primo prodotto televisivo contemporaneo a beneficiare di un’attenzione filmologica strutturata e diffusa, finalmente sinergica al clamore e all’attenzione suscitati nei suoi spettatori. E di certo non è una coincidenza se al centro della serie ideata da Jack Amiel and Michael Begler troviamo Steven Soderbergh. Il suo approccio camaleontico ma pervasivo al prodotto audiovisivo è infatti la cifra ideale per realizzare una sintesi tra produzione televisiva e autorialità cinematografica. Da sempre Soderbergh si muove tra industria e poetica d’autore, consapevole del carattere anzitutto meccanico del cinema ma capace di rendere propria, finanche con una patina invisibile, la propria materia visiva. Oltre l’artigianalità e l’autorialità Soderbergh gioca con la macchina audiovisiva, che si diverte regolarmente a smontare e rimontare a piacimento, cercando di generare un senso ulteriore dalle nuove combinazioni. Le mura del Knickerbocker Hospital di New York diventano così un laboratorio di ricerca e abbattimento dei confini, in un lavoro che si nutre di cinema e serialità in pari misura. Ad esso Point Blank dedica la sua nuova copertina mensile.

Sarebbe sbagliato tuttavia farsi fuorviare dalla natura apparentemente ibrida di The Knick e vederla e studiarla come cinema rinchiuso in un piccolo schermo. The Knick è televisione allo stato dell’arte, e se lo è ciò è dovuto anche a logiche strutturali dipendenti dal sistema tv, dalla regole di comunicazione delle cable e dal più generale palinsesto americano. Su questi punti si concentra il primo articolo del nostro speciale, nel quale Attilio Palmieri ci ricorda come The Knick sia anzitutto un prodotto televisivo, per il cui studio occorrono strumenti adeguati e pertinenti. Semplicemente, un’analisi puramente filmica dell’oggetto in questione sarebbe congenitamente manchevole.

Assodata l’ampiezza collettiva del prodotto The Knick oltre la sfera individuale, Davide Stanzione si concentra proprio sull’ambivalenza del regista di Contagion ed Effetti collaterali. Grazie al grimaldello della malattia e del contagio possiamo così interagire con la poetica di Soderbergh, capace di permeare la serie con quelle ossessioni e questioni che lo hanno accompagnato nella parte finale della sua carriera.

Infine sta a Giulio Casadei guardare all’intero Knickerbocker Hospital, teatro della spettacolarizzazione e della riduzione capitalistica del corpo umano, inseguendo quel legame che unisce The Girlfriend Experience e Dietro i candelabri a The Knick.

Queste le tre tappe del nostro discorso, nel tentativo di offrire uno sguardo ampio e consapevole ad un’opera sfuggente e complessa, dall’incredibile valore artistico.

Buona lettura.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 11/12/2014

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