Decalogo - Sei

di Krzysztof Kieślowski

Non commettere atti impuri

decalogo sei

Forse non è un caso che la donna protagonista del sesto episodio de Il Decalogo si chiami Magda, una variante di Maddalena, la peccatrice penitente che nell’incontro con Cristo trovava la salvezza dell’anima: forse è un dettaglio minimo – il suo nome viene pronunciato una sola volta nel corso del film – ma essenziale per provare a comprendere il percorso concettuale intrapreso da Krzysztof Kieślowski nella sua riflessione sul sesto dei dieci comandamenti biblici.

Di Magda sappiamo solo che torna a casa ogni sera verso le 20 e 30, che è una bellissima donna, e che le piace portare a casa molti uomini. Tomek, un giovane ragazzo orfano di famiglia che vive nel caseggiato di fronte, la osserva ormai da un anno ogni sera di nascosto dalla propria finestra. Quello che era iniziato come un malizioso passatempo è diventato per lui un elemento centrale della propria vita, e ha finito per innamorarsi profondamente. Quando Magda scopre finalmente il segreto di Tomek e il sentimento che prova per lei, reagisce come di fronte a una burla finendo per ridicolizzare e umiliare il ragazzo innamorato, che tenta il suicidio. Un’improvvisa pietà travolge la donna che si riteneva oramai disillusa e scettica verso ogni ideale amoroso, ma oramai è troppo tardi per un nuovo inizio.

Il ragazzo giovane e innocente ferito dalla donna matura e disincantata: è facile liquidare questo episodio secondo i termini di una malinconica storia d’amore fallita, ove la protagonista, troppo tardi apertasi alla speranza di un affetto sincero viene “punita” per la sua mancanza di fede, perdendo così l’unica persona che prometteva di poterle voler bene in modo pulito e onesto. Ma il modo in cui viene strutturata la vicenda di Magda e Tomek suggerisce una chiave di lettura che trova il proprio fondamento in due idee fondamentali, l’atto del vedere e la distanza.

Tomek ama Magda perché ha finito per conoscerla attraverso la costante visione della sua vita casalinga. È un amore stilnovista, dove la bellezza femminile, per dirla alla Dante Alighieri, dà per lì occhi una dolcezza al core, cioè ispira attraverso lo sguardo un sentimento di adorazione pura. Tomek nulla vuole da Magda, che difatti appare smarrita di fronte a questa passione tanto disinteressata. Eppure è bene notare che si tratta di un trasporto amoroso perennemente mediato: tra il ragazzo e la donna c’è sempre di mezzo un vetro, che sia quello dello sportello alla posta dove lavora Tomek, o il vetro della lente attraverso la quale la osserva o i vetri delle finestre della casa. Quando la distanza fra i due si accorcia, e Magda tenta di sedurre il ragazzo, egli viene travolto sia dal contatto fisico di cui non ha alcuna esperienza, che dalla freddezza di lei, che lo umilia riducendo il suo amore a nient’altro che desiderio sessuale (“ecco, questo è l’amore” dice, quando lui viene solo sfiorandola). Ma è stato il comportamento crudele della donna a ferirlo, o forse l’enormità della vicinanza reale a sconvolgerlo?

L’amore di Tomek in fondo è molto meno innocente di quello che sembri. Pare anzi che talvolta giochi a fare Dio, distante e silenzioso, mentre osserva Magda manipolandone la vita senza che lei se ne accorga. La fa venire ripetutamente alla posta per inesistenti mandati di pagamento, la chiama al telefono senza parlare, inventa perdite di gas per far intervenire il pronto soccorso interrompendo così i suoi incontri amorosi, ma soprattutto fa sparire le lettere a lei indirizzate, così che essa finisce per convincersi che persone a lei care non la pensino più. Crede di amarla perché evidentemente riconosce un’affinità nelle loro rispettive solitudini, ma quando le distanze vengono meno, e non ci sono più lenti e vetri a separarli, gli manca il coraggio di saper andare oltre per giungere al vero contatto fisico e spirituale. Il sesso rimane per lui, come per Magda, un atto impuro; per cui forse non è Magda ad essere punita, ma proprio Tomek, in quanto incapace di vedere davvero.

In confronto il peccato di Magda ispira la pietà che si merita una persona talmente ferita e disillusa dalla vita che non sa a prima vista riconoscere un’occasione di salvezza offertale dal destino, e ne ride beffarda per convincere se stessa e gli altri che è solo l’ennesimo inganno da cui guardarsi.  La scena straziante in cui, dopo un litigio con l’amante occasionale di turno, torna nel proprio appartamento e si ritrova a piangere letteralmente sul latte versato sul tavolo, ci parla di una solitudine così completa da spezzare il cuore. D’altra parte tutti i personaggi si muovono entro un contesto di completa alienazione perfettamente descritta dalla fotografia di Witold Adamek: squallidi caseggiati freddi e grigi, nessun legame, nessuna vera conversazione, ognuno imprigionato in se stesso. Ma mentre Magda, ex peccatrice incredula e cinica, riesce ad aprire uno spiraglio nella propria anima sigillata, Tomek, accecato dalla conoscenza dell’immensità del contatto fisico, perde invece la propria fede (“ho smesso di vederla” le dice nell’ultima scena del film). Non commettere atti impuri allora, come monito a non avvelenare col proprio dolore ciò che rimane pur sempre meraviglioso e autentico di per sé, anche quando le esperienze della vita ci riempiono di amarezza facendoci perdere ogni fiducia: ovvero l’assoluta bellezza del reale incontro di anime e corpi, per quanto talvolta sia raro, effimero o quasi impossibile da vivere in un’intera vita, poiché smettere di crederci è la vera eresia.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 15/02/2021
Polonia 1988
Durata: 59 minuti

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