Sans autre lieu que la nuit.
Alex, giovane anima perduta, vaga nella notte parigina, per i ponti della Senna osserva i baci degli amanti, con gli occhi pieni di un’inquieta illusione. Sognante alter ego di Leos Carax (al secolo Alex Christophe Dupont) e interpretato da un Denis Lavant agli albori, Alex è un aspirante regista, un cinéphile ostinato, tradito e abbandonato dal suo amore Florence.
Boy meets Girl, 1984, è il prodigioso esordio del ventiquattrenne Carax, inclinazione punk del lascito della Nouvelle Vague e votato al nero surrealismo dell’amato Georges Franju, un film che è un evidente atto di amore sullo sguardo. Alex non smette di essere spettatore: della città, dei suoi fallimenti, dell’amore impossibile con Mireille, di quella magica realtà notturna che lo trascina verso la tragedia.
Gli stacchi improvvisi, le cantilene sussurrate, il bianco e nero contrastato e le corse, quelle corse nella Parigi dei film del cuore, sono manifestazione dell’inevitabile influenza di Godard che qui diventa agitazione e caos del protagonista. Un giovane che non riesce a venire a patto con ciò che lo circonda. La notte è la sua casa e nella notte incontra Mireille, un’altra vagabonda, ormai orfana di amore che nella disperazione sceglie di ballare, sulle note di Holiday in Cambodia.
E la notte accarezza il surreale oblio dei due protagonisti: anche Mireille è stata abbandonata, due figure specchio coscienti di non poter fare altro che vagabondare in quella città-simbolo. Alex decadente e romantico, tratteggia la topografia dei luoghi memorabili del suo amore perduto. Ma l’incontro con Mireille è la presa di coscienza dell’inattuabilità dei sentimenti. Carax, assoluto nell’immaginazione, assoluto nell’espressione, cattura in una sequenza meravigliosa i dettagli dei volti che si parlano, non più personaggi ma occhi, labbra, pelle in un dialogo incessante seguito da un silenzio innaturale. I due innamorati, consapevoli della fine, viaggiano sull’autobus notturno verso ciò che già si aspettano, mentre il volto di lei incorniciato da un velo guarda al cinema di Dreyer.
Il primo film del regista e primo della trilogia a cui seguiranno Rosso Sangue e Gli amanti del Pon-Neuf, segna indelebilmente il suo percorso, quasi un tassello che anticipa il capolavoro Holy Motors, sintesi e morte del cinema. Alex come Monsieur Merde vuole perdersi per ritrovarsi, Merde nei personaggi che interpreta, Alex nella follia di quel vagabondare senza meta. Leos Carax si interroga sull’’irrealizzabile, il futuro della coppia è già scritto e forse l’unico amore possibile è quello narrato, quello delle parole che il ragazzo pronuncia quasi meccanicamente a Mireille.
Eppure, in questa totale assenza di speranza, Boy meets Girl grida allo stupore, alla magia, alla meraviglia del cinema, una carriera incendiaria che esploderà come i fuochi d’artificio nel suo film maledetto Gli amanti del Pont-Neuf. La fede nel cinema colma l’assoluta mancanza di fiducia dei protagonisti verso il mondo. Nella sequenza iniziale del film delle stelle fosforescenti sono attaccate alla parete, forse la camera di un bimbo, forse proprio quel bimbo che, con voce aliena, recita la filastrocca «Siamo qui, ancora soli. Tutto è così lento, così pesante, così triste. Presto sarò vecchio e tutto finirà, finalmente»
Una frase che sembra concludere qualcosa, una storia, un racconto, una fiaba, apre il film, come l’inizio di un sogno, forse lo stesso Alex che vive la notte allucinata della sua vita.