Mai Stati Uniti

A metà degli anni Novanta, in un teaser di presentazione dell’imminente nuovo film natalizio dei Vanzina Bros, l’attore Riccardo Rossi, seduto in una sala cinematografica, elencava con concitazione i maggiori successi del duo: Da Eccezzziunale…veramente a S.P.Q.R. – 2000> e ½ anni fa. Altri tempi, altro secolo. Si, perché i fratelli Vanzina, nella loro quasi quarantennale prolifica carriera, con due pellicole annue, con il passare del tempo si sono fatti scalzare nella classifica del box-office natalizio. Rivalutati all’inizio del nuovo secolo, come continuatori di quel glorioso e fecondo cinema popolare che aveva ingrossato la Commedia all’Italiana, negli ultimi anni le loro pellicole soffrono non poco di mancanza d’idee, e si rifanno a vecchi generi e vecchi schemi. La loro ultima fatica, Mai Stati Uniti, ne è un fulgido esempio.

Cinque personaggi dalla vita mediocre e fallimentare, scoprono di essere fratelli da parte di padre. Per incassare la cospicua eredità dovranno però cospargere le ceneri del genitore in America. Diffidenti tra di loro e interessati solo ai soldi, il lungo e faticoso viaggio li trasformerà in una famiglia. Con questa opera i Vanzina ritornano negli Stati Uniti per la terza volta, dopo Vacanze in America del 1984 e Sognando la California del 1992, due delle loro opere di maggior successo. Ed è in particolare a quest’ultima pellicola che Mai Stati Uniti fa pensare, a cominciare proprio dal manifesto: i protagonisti in primo piano e la Monument Valley sullo sfondo. Utilizzando di nuovo la formula dell’on the road i Vanzina, con questo terzo viaggio in terra yankee, tentano di allontanarsi dalle trivialità che percorrevano le due commedie precedenti per imbastire una trama più matura e meno comica, rivolgendosi non più ad un pubblico di adolescenti ma a spettatori sopra i trent’anni.

Comunque sia, nello svolgimento della trama non vengono a mancare i momenti puramente comici, seppur ancorati alle solite amenità grasse, soprattutto a quelle verbali (per esempio le prostitute scambiate per benzinaie). Per quanto riguarda il parterre attoriale, che dà forma ad un eterogeneo cast, il migliore del gruppo rimane Vincenzo Salemme, unico vero – e consumato – attore della compagnia. Salemme, che praticamente sostituisce quel Gigi Proietti vero mattatore e forza trainante delle ultime pellicole vanziniane, riesce a divertire e a far ricordare i grandi attori del glorioso passato della commedia all’italiana. Non a caso la presentazione del suo personaggio, incallito giocatore di poker, avviene con un piccolo omaggio a I giocatori, quarto episodio de L’oro di Napoli di e con Vittorio De Sica. In ultimo, una notazione a parte merita l’apparizione in scena del sempre strabordante Maurizio Mattioli, presenza costante del cinema vanziniano. Il suo duetto verbale con Ricky Memphis, in cui elencano luoghi comuni romani e che culmina con la pronuncia del nome di (Santo) Bombolo, regala probabilmente il momento più divertente della pellicola.

Autore: Roberto Baldassarre
Pubblicato il 07/10/2014

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