Giunto alla sua XVIII edizione, il MedFilm Festival accoglie calorosamente il popolo romano per una nuova ondata di cinematografia mediterranea, dopo un’ edizione legata principalmente al movimento della Primavera Araba. Nell’interesse di capire il percorso più o meno accidentato di quegli stessi paesi che avevano offerto uno sguardo disincantato sulla propria realtà, si apre la cerimonia d’apertura che ha avuto luogo ieri sera all’Auditorium della Conciliazione di Roma. La presentazione del programma ha confermato un cartellone ricco di pellicole che si fanno espressione dei rispettivi paesi: al Focus sulla Slovenia fanno seguito la Tunisia, il Marocco, l’Egitto e l’Algeria. In collaborazione con la Casa del Cinema, il MedFilm sarà quindi un’importante occasione per un impulso innovativo. Nonostante si tratti di una vetrina ancora marginale, il MedFilm registra la promessa di un cinema che sta conquistando una progressiva visibilità, grazie al vento di cambiamento che offrono i diversi lavori, portatori di sperimentazione, novità e soprattutto centri propulsori di tematizzazione di una realtà non troppo lontana. Occasione per ricordare in un applauso commosso il regista Theo Angelopoulos recentemente scomparso, l’evento è stato anche luogo di riconoscimento per Carlo Freccero – selezionato per essere un grande innovatore e scopritore di talenti, abile nel favorire e diffondere i linguaggi della comunicazione – già direttore di Rai2 e presidente di RaiSat, attuale direttore di Rai4, omaggiato da Caterina D’amico del Premio Koiné. Si chiude il sipario delle presentazioni e dei ringraziamenti per dare inizio ufficiale al Festival, aperto sulla visione di Noor.
Questa co-produzione franco-turco-pakistana diretta dai registi Ça?la Zencirci e Guillaume Giovanetti, affronta il tema scottante e quanto mai attuale legato all’identità sessuale in un paese fortemente dominato da un chiaro punto di vista maschile. Una favola sull’amore per una donna e il desiderio accecante di spingersi oltre i propri limiti fino a scommettere la propria identità. Dopo aver lavorato su corti e documentari girati nell’Asia centrale, i due autori accendono i riflettori del MedFilm sulla comunità dei Khursa del Pakistan, definiti così gli appartenenti al terzo sesso, meglio identificati in Occidente col termine transessuali o ermafroditi. Le parole del vecchio Baba illuminano il cammino del protagonista Noor, che spinge i propri sogni fino al lago incantato di cui si racconta, luogo di fate e spiriti dove tutto può avverarsi. Imprigionato in un corpo femminile, Noor cosparge costantemente il proprio volto con creme che favoriscano la crescita di barba e baffi, sperando in effetti che non giungono mai. Lungo una strada impervia e pericolosa, quest’anima ambigua viaggia a bordo di un coloratissimo camion rubato per addentrarsi nel cuore del Pakistan alla ricerca di un miracolo che lo condurrà sulle tracce del sé.
L’incontro con Uzma, una ragazza sfuggita ad un’aggressione in cerca della famiglia che l’ha abbandonata da tempo, sarà occasione per una redenzione sulle note della danza. Insieme i due riusciranno ad affrontare le proprie paure e ad accettare un destino di emarginazione che avrà la propria catarsi nella fiducia reciproca e nella condivisione. Abbandonati da Allah, dalla comunità e dai rispettivi amori, Uzma e Noor ripiegano il proprio dolore sulla nascita di un nuovo giorno ai piedi di acque in cui ritrovare la propria immagine purificata. Zencirci e Guillaume portano per la prima volta sullo schermo un mondo sconosciuto a molti, declinando un film di denuncia sociale nei contorni di un racconto di formazione e scoperta. Sullo schema di un lento road movie si combatte la battaglia di un’evoluzione individuale che deve iniziare dall’interno. Il volto femminile di Noor si staglia su lande deserte e aspre che ne problematizzano tutta la solitudine, in un percorso che fortifica solo se si è disposti a sconfiggere il pregiudizio e rinascere nella consapevolezza del proprio lato oscuro, quello che ognuno porta inevitabilmente con sé. Primo lungometraggio della coppia di registi, Noor lascia emergere un’ondata rivoluzionaria che si riflette nel silenzio di chi non può rinnegare le proprie origini, ma cui viene concesso il confronto in uno spazio e un tempo del tutto personali.