Margini
Il punk e l'amicizia come "stanza profonda", spazio fisico e mentale in cui creare assieme cartografie immaginarie con le quali sia possibile rifuggire l’astenia e l’immobilità della vita di provincia.
Nel 2017 usciva in Italia un libro importante per gli amanti del gioco di ruolo, scritto da Vanni Santoni e ambientato nei meandri della provincia toscana. Il titolo, La stanza profonda, evoca quello spazio, tra il fisico e il mentale, in cui rifugiarsi in gruppo e creare collettivamente, condividendo cartografie e coordinate di mondi immaginari grazie ai quali sia possibile rifuggire l’astenia e l’immobilità della vita di provincia. È il racconto di quando si preferisce vivere ai margini, in quelle strette zone liminari che si riesce a strappare alla quotidianità più ingessata, pigramente tradizionalista, asettica. Margini, italiano in concorso alla SIC di Venezia79, è anche il titolo del primo film di Niccolò Falsetti, regista di seconda unità per i Manetti Bros., tra Coliandro e Diabolik, che con questa commedia punk scalcagnata e accorata ci ricorda come esistano non uno ma mille tipi di stanze profonde, mille luoghi in cui la vita, specie quella adolescenziale e della prima adultità, viene vissuta nei termini di assedio e resistenza, in un rapporto tensivo con il luogo in cui si nasce e si impara ad amare. Che sia uno scantinato dove condurre campagne di Dungeons & Dragons o una saletta prove in cui suonare e vivere il punk, in attesa della grande occasione.
Siamo nell’estate del 2008, quando chi ha iniziato gli studi superiori tra immagini del G8 e delle Torri Gemelle inizia ad affacciarsi al mondo adulto; si avvicinano i momenti delle scelte e degli addii, specie per Edoardo e Jacopo, che assieme al più grande Michele condividono il punk come band, stile di vita e sogno di riscatto. Si tratta di chiudere col botto, si cerca di coinvolgere un grande gruppo americano, l’obiettivo è organizzare un evento memorabile per impennare una volta tanto l’encefalogramma piatto di Grosseto e provincia, dove per troppo tempo si è vissuto sempre «a due ore da tutto», da Roma, Firenze, Bologna, dove le cose, viste da lontano, sembrano accadere con tutt’altra energia e facilità. Si tratta di aprire la stanza profonda, spalancare le porte e strappare ai margini qualche metro in più, per non abbandonare inermi armi e campo di battaglia.
Animato dall’etica punk del do-it-yourself, Margini è una fiaba di provincia che nel raccontare la missione musicale dei suoi protagonisti mette in scena sé stessa, Il processo di progettazione di questo e tanti film simili, la sua ideazione, promozione, creazione, e la generale difficoltà a realizzare dal basso azioni culturali di vario genere. Chiunque nella propria vita abbia tentato di lavorare sul territorio, organizzare iniziative e dare forma a idee, non può che ritrovarsi nelle difficoltà esperite dal trio di protagonisti, respinto da amministrazioni e investitori locali per cui esistono soltanto sagre alimentari e ricostruzioni storiche, feste dell’unità e circoli ricreativi. Nel racconto di questi tentativi il film costruisce quindi il ritratto di una profonda amicizia, un legame giovanile che aiuta a tenere alte le difese contro una quotidianità industriale che incombe, sovrapponendosi, giorno dopo giorno, al significato imposto dal diventare adulti. Margini è un esordio che funziona e coinvolge, grazie alla genuinità dei protagonisti e dei rapporti rappresentati, e al fatto che la provincia che racconta esula dall'ennesima dimensione criminale si pone come un qualcosa di più semplice e sincero, spontaneo, vicino ai toni più intimi del Virzì anni 90 e vissuto attraverso le lenti di una subcultura evocata con precisione e affetto (e coinvolta in prima persona attraverso le collaborazioni e gli omaggi offerti al film dai suoi protagonisti, a partire dall'autore della locandina e comparsa vocale Zerocalcare).