Nomadica 2015 / Gli anni struggenti
«La Dolce Vita bisogna saperla vedere»
L’ultimo appuntamento che il Circuito Nomadica offre alla rassegna a Capo d’Orlando è un dolce omaggio al regista Vittorio Sindoni, originario dello paese siciliano che ha ospitato questi cinque giorni di cinema autonomo. Un percorso che parte da lontano, da una precedente retrospettiva itinerante che Nomadica dedicò al cinema di Giuseppe Fava dal titolo "Prima che vi uccidano. Il cinema di Giuseppe Fava", giornalista, regista, sceneggiatore e drammaturgo, ucciso dalla mafia a Catania nel 1984. Nella retrospettiva si presentavano la serie di opere incluse in Siciliani, affidate alla regia di Sindoni e composte da sei episodi televisivi tratti dall’intera opera di Fava. Negli stessi anni della collaborazione con la terza emittente della Rai siciliana Fava scrisse e diresse tre film in 16 mm anch’essi presenti della retrospettiva (Il tempo, la bellezza, il silenzio; Clows del teatro antico ovvero il Miles siciliano; Anonimo siciliano) oltre a due opere scritte dallo stesso autore rispettivamente per la regia di Werner Schroeter (Palermo oder Wolfsburg) e di Florestano Vancini (La violenza: Quinto potere). Vittorio Sindoni dedicò l’anno stesso dell’assassinio di Pippo Fava, un film-documentario, tributo alla figura del giornalista ed amico ucciso dal titolo di Giuseppe Fava: Siciliano come me. Dalla lunga filmografia cinematografica di Sindoni, successivamente passato alla realizzazione di prodotti televisivi commerciali, Nomadica sceglie di presentare la commedia del 1979, Gli anni struggenti, distribuita anche con il titolo de Il concorrente.
Anno 1960. Saverio Bivona (Fabio Traversa), figlio di un eminente pedagogo siciliano e studente modello assillato dalla ferrea educazione paterna, parte da Capo d’Orlando in direzione di Roma per partecipare ad un concorso nazionale indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. Il richiamo della gioventù, del desiderio e della vitalità che nella città eterna in quegli anni è dolce, lo porteranno a conoscere ed amare Andreina (Laura Lenzi), ed a violare il patto d’amore con la fidanzata rimasta in Sicilia in attesa del sicuro successo e del conseguente matrimonio, dimenticandosi dell’esame e scontrandosi con il dispotismo paterno. Il padre di Saverio raggiungerà Roma e costringerà il figlio a tornare in Sicilia costringendolo a ripetere l’esame l’anno successivo. Tornando a Roma un anno dopo, Saverio non troverà più Andreina ed attanagliato dall’amarezza e della soffocata ribellione, enunciata dalla locandina di Rocco e i suoi fratelli di Visconti, spezzerà il patto di sottomissione dalla ingombrante figura paterna, rinnegherà l’assillo del suo modello pedagogico raffigurato dallo svizzero Johann Heinrich Pestalozzi e deriderà la commissione d’esame facendo scena muta. Uscirà definitivamente dal nucleo famigliare manifestando un’intransigente libertà.
I rigidi dettami dell’insegnamento e dell’indottrinamento, dell’educazione e di un arrivismo già scritto su lettere di raccomandazioni da consegnare a mano a eminenti personaggi, in una Roma aperta alla raccomandazione del salotto di potere, costringono il futuro del protagonista ad essere occluso dalla libertà e dal libero arbitrio, da quel sentimento generazionale di fuga e lotta. La frustrazione e la disillusione della rivolta affogata nell’apatia di un Michele Apicella (Ecce Bombo uscì solo un anno prima sollevando molti interrogativi generazionali) tornano nel film di Sindoni e riecheggiano con una negazione ferrea, un "no" pronunciato frontalmente ad una commissione d’esame che possiede l’eco di un rifiuto affermato contro tutto il sistema clientelare italiano, contro un grigismo educativo che assoggetta senza soggettivizzare il giovane individuo. Un "no" che si struttura sulle musiche selezionate da Riz Ortolani e cantate da Gino Paoli, Mina, Nico Fidenco e Edoardo Vianello che seguono e raccontano lo stato d’animo di Saverio, crescendo in un twist carico di energia, espressa durante il primo viaggio a Roma o sottolineando la malinconia dell suo secondo ritorno nella città eterna, scontrandosi con l’impossibilità di incontrare nuovamente Andreina e la passione per lei provata. Una negazione che è rifiuto e lotta nei confronti di ideali stratificati e sclerotizzati in una società sedimentata, stoica, bloccata nell’apparenza dei gesti e di strutture soverchianti, una società dell’apparenza senza appartenenza alcuna, moralista quanto il pensiero del Pestalozzi, governata dalla disciplinata patriarcale e maschile da infrangere e suffragare, da diluire nella dolcezza della gioventù.
L’immobilismo corroso dal twist proveniente da un juke box, l’ordine e la famiglia e la sana educazione che nell’opera del Pestalozzi (Come Gertrude istruisce i propri figli) dovrebbero frenare gli istinti naturali e ribelli della gioventù, trasformandosi in alte mura e spesse gabbie dalle quali evadere. In questo determinato momento storico il richiamo dell’eros diventa una sbarra attraverso la quale piegare la rigida educazione, la musica uno strumento per fuggire dall’immobilismo verso una libertà che sarà rivolta, in un primo momento, per poi mutare in perdita e negazione dell’ideale di partenza in un bacino di vuoto, nazionale ed esistenziale ("Il problema oggi è se credere o no sulla rivoluzione" ammetterà Saverio durante un pranzo romano). Il tutto raccontato attraverso uno stile fantasioso, onirico, preciso nello stacco di montaggio tra il sogno e la realtà, unendo la volontà generazionale alle turbe di natura freudiana, al sesso unito al sogno, alle aspettative paterne ed alle preoccupazioni che queste attivano all’interno della personalità di Saverio. Vittorio Sindoni si muove tra interno ed esterno, reale ed immaginario, sogno e veglia con estrema fluidità e capacità espositiva, quello che ne deriva è una commedia psicanalitica esposta in situazioni oniriche al confine con il grottesco, il peso del vuoto e dell’inconsistenza esistenziale/generazionale di un Apicella viene qui rimarcata ma ad un livello fantastico tralasciando un poco la loquacità propria dell’opera morettiana e con essa quell’ironia verbale che contraddistingue la prima filmografia del regista romano. E’ interessante notare come Gli anni struggenti ed Ecce Bombo potrebbero essere definiti in realtà come due opere speculari, che indagano l’identità psicologica della gioventù del tempo soffermandosi quasi sugli stessi argomenti, che trattano la materia quasi allo stesso modo ma con due punti di vista geograficamente distanti, il primo adattandosi ad un punto di vista "provinciale", il secondo ad un punto di vista metropolitano. Roma diventa la sede del Super Io con i suoi comportamenti, i suoi divieti, gli schemi di valore, e se da una parte abbiamo un Io siculo dall’altro abbiamo un Io romano, e se Sindoni lavora perlopiù sulla base dell’Es, quindi al livello dell’inconscio, Moretti, immerso nella realtà romana, attraverso uno spleen verbale decanta la noia di un Io di tutta una generazione dispersa nel vuoto di se stessi ("Giro...vedo gente...mi muovo...conosco...faccio cose"). In definitiva, recuperare l’opera di Sindoni è un obbligo a cui nessuno dovrebbe sottrarsi.