Noise
Più che un documentario musicale, Assayas realizza una vera e propria deriva situazionista, i cui presupposti originari si possono rintracciare in un memoir dato alle stampe l’anno precedente.
«Debord non scriveva forse La società dello spettacolo mentre realizzava film autobiografici atti a preservare dalle ingiurie del tempo la vita così come gli si offriva in certi momenti di grazia? E non ha realizzato questi film così che in essi si irradiasse il bagliore dei volti di chi lui stesso amava?». Era il maggio 2005 e Olivier Assayas dava alle stampe Une adolescence dans l'après-mai. Lettre à Alice Debord, un piccolo memoir che riporta dapprima il lettore a quello stesso mese del ’68 – quando l’autore, tredicenne, entrava nella sua fase puberale – per arrivare poi alla metà degli anni ’90 e, in particolare, all’uscita di L’Eau Froide, primo film autobiografico del regista francese, dedicato appunto agli anni della sua adolescenza post sessantottina. Un mese dopo aver pubblicato quelle parole, a giugno, con Noise Assayas avrebbe avuto l’opportunità di filmare quella vita che gli si offriva nei suoi momenti di grazia e quei volti amati, la Jeanne Balibar di Fin août, début septembre, i Metric ch’erano già apparsi l’anno prima in Clean, i Sonic Youth (o comunque i membri della band nelle loro varie configurazioni) della colonna sonora di Demonlover.
L’occasione fu l’Art Rock Festival di Saint Brieuc, storico evento musicale della Bretagna e della Francia intera, che quell’anno diede ad Assayas la possibilità di curare una parte del programma. Ne nacquero un concerto memorabile, vera e propria ode alla bellezza della dissonanza, e un documentario musicale, Noise, appunto. Un “documento” della serata, certo, nei termini in cui compaiono tutti i musicisti convocati dal regista (oltre ai vari membri dei Sonic Youth con i loro progetti collaterali, a Balibar e ai Metric ci sono anche il liutista algerino Alla, il duo White Tahina, la cui voce è quella di Joana Preiss, che ha recitato in diversi film del regista, il musicista maliano Afel Bocoum, la figlia del premio Nobel Patrick Modiano, Marie Modiano, la coppia Pascal Rambert-Kate Moran); ma anche e soprattutto «una selezione dei miei pezzi preferiti, filmati – come dichiarò lo stesso cineasta al settimanale francese Les Inrockuptibles – nella maniera che preferisco». Un documentario, sì, dunque, ma dalla fortissima impronta autoriale. Che si apre e si chiude, non certo a caso, con un estratto del cortometraggio girato quell’anno da quel Jim O’Rourke, membro, almeno per qualche mese ancora, dei Sonic Youth, che avrebbe lasciato di lì a poco.
Una porta investita da lampi di luce e dal suono distorto di un bordone noise che di fatto definisce il mood di tutta l’opera, in cui sentiamo e vediamo il rumore del titolo e in cui alle immagini della performance musicale, già di per sé messa in quadro secondo il gusto soggettivo dell’autore («nella maniera che preferisco», si diceva), si aggiungono quelle prese al di fuori dell’esibizione, giustapposte dal montaggio o inscritte dalle sovraimpressioni volute da Assayas. Come il cielo nuvoloso solcato dal fantasma di un aereo o il fiume attraversato dalla barca che apre la sequenza in cui appaiono i MirrorDash (alias Kim Gordon e Thurston Moore). O ancora – sempre nel segmento che vede coinvolti i due coniugi, fondatori (assieme a Lee Ranaldo) dei Sonic Youth –, i viraggi cromatici che imbevono il traffico di auto, i fili della linea elettrica del tram, il paesaggio metropolitano, oppure l’apparizione di una pattinatrice su ghiaccio sovrimpressa a cerchi di luce e mezzi busti di Gordon e Moore.
Sta proprio qui la forza di Noise, in questa tensione immaginativa e sperimentale che lo spinge fuori dal recinto del mero documentarismo musicale, del puro reportage, e gli consente di ottenere una perfetta fusione tra segno e significato, tra certe sperimentazioni del linguaggio musicale (del rock, nello specifico) e certe applicazioni fortemente libere e creative del mezzo audiovisivo. Una deriva situazionista che ridà forza alla forma e al potere della componente avanguardistica dell’arte e che collega idealmente il cinema di Assayas, da sempre legato alla musica, alla ribellione giovanile e alla sperimentazione, al Debord con cui abbiamo aperto questo breve scritto. Del resto verso la fine del 1968, Malcom McLaren, promoter e band manager dei Sex Pistols, colui a cui viene convenzionalmente attribuita l’invenzione stessa del punk rock, si avvicinò al movimento artistico Situazionista e alla figura di Guy Debord, traendone grande ispirazione. ’68, punk (rock), situazionismo. Tutto torna.