Dopo La storia di Jack e Rose, ritorniamo a parlare di una regista non convenzionale ed espressivamente libera come Rebecca Miller, e in particolare del suo poco fortunato film del 2009 The Private Lives of Pippa Lee. Forse qualcuno avrà sentito parlare di questo film, per via di un brillante cast che vede tra gli attori protagonisti Robin Wright (ex signora Penn), Winona Ryder, Maria Bello, Alan Arkin, Keanu Reeves, Julianne Moore e Blake Lively (la giovane stella della serie tv Gossip Girl) e per la sua presentazione nella sezione Panorama al 59° festival di Berlino. Ma forse in pochi hanno avuto modo di vederlo, anche perché in Italia il film è passato del tutto inosservato e si è portato addosso la scia di un autentico flop. Eppure non siamo in presenza di un’opera sbagliata, spiacevole, di scarsa qualità; al contrario si tratta di un film raffinato, originale, una storia tutta al femminile tra un presente statico e abitudinario e un passato ribelle che ci viene raccontato in flash-back. La storia di una donna e delle sue varie “vite private”, dall’infanzia alla giovinezza fino all’età adulta, una sorta di woman film moderno che alterna momenti quasi comici e buffi a momenti di dramma malinconico e interiore.
Tratto dal romanzo omonimo della stessa Miller, il film vede protagonista Pippa Sarkissian Lee (Robin Wright), una bella donna di mezza età sposata con l’affermato editore Herb Lee (Alan Arkin), – un uomo molto più anziano di lei – e madre di due figli con cui ha rapporti conflittuali. Quando, per via dell’anziano marito e della sua salute non perfetta, la coppia si trasferisce nel tranquillo Connecticut, Pippa conosce Chris (Keanu Reeves), il figlio della vicina di casa, di cui subisce il fascino misterioso. E mentre il marito la tradisce con una donna più giovane di lei (Winona Ryder), Pippa, in preda a strane crisi notturne, rielabora il suo passato, la bambina e la ragazzina che è stata, e, pezzo dopo pezzo, cerca di “ricostruire” se stessa, la vera Pippa e di tirare fuori la sua vera natura, nascosta a lungo sotto la coltre di un matrimonio sbagliato e anagraficamente squilibrato.
Nel continuo andirivieni tra sequenze del presente e sequenze del passato lo spettatore vive non una ma tante Pippa Lee, dalla Pippa bambina indifesa, alla Pippa adolescente mozzafiato e ribelle fino alla Pippa un po’ smorzata e repressa della contemporaneità. Tutta la vita della donna è sezionata e presentata generosamente allo spettatore in una sorta di processo esternato di auto-psicoanalisi. Eppure chi guarda rimane un po’ basito e destabilizzato. Potrebbe essere la classica storia di una donna tradita e ferita che riscopre se stessa in un altro modo e con un altro uomo, e forse in tal caso le aspettative spettatoriali medie sarebbero state appagate, ma The Private Lives of Pippa Lee è un film diverso, ha un’anima non classica, a tratti strana per non dire grottesca, un’atmosfera surreale semiseria che può lasciare interdetto o infastidire chi si aspetta una storia dall’impianto lineare e “aristotelico”, giustificato e credibile. Il film a tratti sembra seguire una classicità di narrazione e stile, e la bellezza malinconica di Robin Wright riporta la storia alla normalità, allo spessore, ma per il resto sembra di assistere ad una sorta di scherzo, di buffa storia strampalata con personaggi quasi caricaturali. La madre isterica e con forte dipendenza da psicofarmaci (Maria Bello), che Pippa rievoca nei suoi ricordi di bambina, è talmente fuori di testa, talmente bizzarra, da far provare quasi più divertimento che senso di pena per la povera figlia che ha traumatizzato. La parte sull’adolescenza di Pippa, segnata dal doloroso abbandono della madre e dalla fuga di casa, degenera in un divertente siparietto in cui la ragazza gira filmati sadomaso con la stralunata compagna della zia (un indimenticabile cameo di Julianne Moore).
Anche l’amante di Herb, Sandra, che dovrebbe essere la classica rivale fatale della moglie, è un’assurda, infantile, a tratti tenera e un po’ sciocchina Winona Ryder, che regala scene esilaranti laddove ci si aspetterebbe più composta serietà. Perfino Chris, l’uomo da cui Pippa si sente attratta, pur essendo interpretato da Keanu Reeves, non è il classico bello, perfetto, brillante, ma un uomo assai strano, animato da un inquietante fanatismo religioso (ha una grossa croce tatuata sul corpo!) e non certo esemplare in quanto a trascorsi e situazione di vita attuale. Quando poi, in un ricordo di Pippa, un’amica di Herb, Gigi, interpretata da Monica Bellucci (il cui inglese è di per sé motivo di ilarità), si spara in bocca in una sorta di scena pulp-trash, la facciata di serietà del film è ormai del tutto (volutamente?) compromessa. Tutto è stravolto e sopra le righe in questo film, il dramma flirta con la commedia, la psicoanalisi e lo scavo interiore con la più inaspettata superficialità, tutto è difficile eppure scanzonato, anche i momenti più drammatici smorzano la loro pesantezza in qualcosa di più leggero. Eppure non è un film leggero.
The Private Lives of Pippa Lee, come già detto, non è un brutto film, è solo un film “strano”, che esula dalla norma e che non assomiglia a nessun altro film, che usa attori di fama stellare ma in chiave minore, che parla di passato, di traumi infantili e adolescenziali in modo diverso dal solito, con un occhio ironico e sui generis, l’occhio indipendente e “diversamente abile” di una regista alternativa come Rebecca Miller.