Insospettabili sospetti
Alla terza regia, l'estro indie di Zach Braff è ingabbiato dalle convenzioni di un heist movie che alterna nostalgia ed ironia senza mai convincere veramente.
Dopo esser cresciuto nei corridoi di Scrubs dal 2001 al 2010, ed essere approdato al cinema, nell’ambito di quel cantuccio sicuro che è l’indie americano, curando soggetto, sceneggiatura e regia di La mia vita a Garden State e Wish I Was Here, Zach Braff, al suo terzo film da regista, abbraccia le caotiche dinamiche degli studios. Il debutto istituzionale arriva con Insospettabili sospetti, remake di quel Vivere alla grande scritto e diretto da Martin Brest nel 1979.
Michael Caine, Alan Arkin e Morgan Freeman sono tre pensionati accomunati da un’urgenza: quella del denaro. Ad interrompere le loro quiete ma nostalgiche routine quotidiane è l’utilizzo dei loro fondi pensione da parte della banca che li avrebbe dovuti tutelare per coprire un’assicurazione aziendale. Privati dei risparmi di una vita e dei futuri desideri, i tre si trovano a mettere in atto un’idea malsana: rapinare la loro banca per ottenere vendetta.
La struttura del racconto rispetta la tradizionale scansione in atti dell’heist movie, adattata ai ritmi di una commedia basata per lo più sullo scambio di battute al vetriolo tra i tre grandi protagonisti. Sono i loro corpi storici a traghettare la costruzione classica nell’ambito della commedia contemporanea, all’interno di una più ampia operazione nostalgia che, negli ultimi anni, sta coinvolgendo sempre più il cinema americano. Se la freschezza e i nuovi volti di Judd Apatow e Aziz Ansari planano sulle coste netflixiane, la commedia al cinema si affida ai volti drammatici di Freeman, Arkin e Caine, o a quelli di Spacey e Walken, per citare Una vita da gatto di Barry Sonnenfeld. Nonostante lo spunto di partenza legato ad una realtà quotidiana sempre più asfissiante, il supporto drammatico al meccanismo comico non funziona come dovrebbe. L’impressione (comune al sopracitato film di Sonnenfeld) è quella di una certa stanchezza e tenerezza legata alla vista di un cast del genere alle prese con un prodotto di ordinaria amministrazione che, dove dovrebbe, si rifiuta di mordere, limitandosi ad una critica di facciata che sfocia, più volte, nella superficialità.
La stessa operazione di recupero di un corpo classico innestato nel cinema 2.0, pur nell’ambito di generi diversi, non funziona come in Space Cowboys, The Expendables o Red. Qui il copione è rassicurante e giunge ad un happy ending che punisce i cattivi e premia i buoni: dinamiche e ruoli costruiti come un vestito su misura. Con l’eccezione delle gag animate dal trio di attori principali, unici elementi che risentono dell’immediatezza e della scioltezza che tanto avrebbe giovato al film, Insospettabili sospetti si limita a portare a termine il suo compitino impacciato, alternando momenti di nostalgia ad excursus drammatici mai adeguatamente approfonditi.