Sono trascorsi ormai cinque anni dall’uscita del primo [Rec], il film con cui Jaume Balagueró e Paco Plaza giocarono la loro carta nel già saturo filone del mockumentary, riscuotendo un successo assordante e per certi versi non lontano da una sopravvalutazione del prodotto. Le buone idee erano ad ogni modo presenti, nonostante la pellicola non presentasse elementi particolarmente innovativi, ma la mescolanza del concetto di contagio con quello di possessione demoniaca, dunque di due principi-base dell’orrorifico, il tutto condito da una dose di critica al voyeurismo mediatico televisivo, si dimostrò efficace e di giusta presa.
Per il sequel, [Rec]², sempre diretto a quattro mani, si decise di mantenere la linea stilistica del predecessore, con l’uso della camera a mano e il rendere manifesta l’ossessione del riprendere qualsiasi cosa, in qualunque momento; dal punto di vista narrativo invece ci si concentrò maggiormente sulla componente sovrannaturale/demoniaca, con un aumento dell’azione che diede al film caratteristiche più vicine agli shooters, allontandosi dalla spontaneità della prima opera. In questo contesto il terzo capitolo di quella che è ora diventata una saga, ossia [REC]³ La genesi, diretto da Plaza senza Balagueró (presente comunque in qualità di “creative producer”), si presenta sostanzialmente come un prodotto ibrido e privo di una connotazione precisa, in quanto anello di congiunzione in attesa della pellicola conclusiva, quel [REC] 4: Apocalypse la cui lavorazione è in fase iniziale e che rivedrà al timone il regista di Nameless.
[REC]³ è un film mancante di identità propria anche nella sua definizione di prequel poiché non ne possiede, in realtà, i tratti peculiari: non introduce, non spiega, non va a ritroso, risultando per molti versi slegato dai due capitoli precedenti; è possibile che questa sia stata una precisa scelta narrativa di Plaza, la quale comunque se da un lato riesce a staccare il film dalla matrice ormai arcinota dei suoi predecessori, dall’altro getta un’aura confusa sulla pellicola, rendendola sì opera a sé ma al tempo stesso fiaccata da una certa incompiutezza.
Nel film si abbandona lo scenario condominiale per spostarsi in quello di una festa nuziale, precisamente quella di Clara (Leticia Dolera) e Koldo (Diego Martin): il regista tiene schiacciato il pedale dell’ironia e del kitsch, sia dal lato visivo, in special modo nell’incipit, ma soprattutto da quello sonoro, puntando su canzoni pop-romantiche spagnole in quanto elemento di contrasto con le immagini cruente che scorrono sullo schermo. Qualcosa però non funziona come dovrebbe, il registro risulta a lungo andare eccessivamente forzato, lasciando l’impressione che l’insieme manchi di genuinità, di quella freschezza che è necessaria all’ironia affinchè essa possa entrare in circolo con efficacia. La prima parte del film è ripresa con camera a mano, dunque con la modalità tipica non solo dei [Rec] ma anche e soprattutto del filmato da matrimonio (seppur professionale, in quanto lo stesso operatore, Tuna, mostra la sua mdp cinematografica): dopo l’irruzione dell’elemento orrorifico, ossia il propagarsi dell’infezione nel pieno della festa, si assiste al cambiamento di punto di vista, snodo sottolineato in maniera ben precisa. La macchina da presa cade a terra e si spegne; sullo schermo buio lampeggia il puntino rosso del logo del film che si trasforma nel led della telecamera, ora inquadrata in terza persona, quindi in modo tradizionale. Passaggio importante e indubbiamente simbolico, che Plaza ha voluto esaltare con una sequenza significativa, quasi a voler prendere le distanze dal voyeurismo invasivo dell’handycam finto-amatoriale dei primi due episodi.
Se questo terzo capitolo si allontana dal punto di vista formale dai due film-fratelli, a livello narrativo i richiami sono presenti, benchè confusi e non sufficientemente compatti. Anche in [REC]³ l’elemento Femminile è al centro del plot: Clara, che vorrebbe essere icona nel suo brandire la motosega e aggirarsi, giarrettiera rossa a vista, in cerca del perduto Koldo, ma non ha sufficiente carisma ed il suo personaggio è poco più che abbozzato. Il rincorrersi dei due sposi ha le caratteristiche della quest del Cavaliere medievale verso la Principessa, con rimandi non casuali (il costume di San Giorgio, la spada) e molteplici riferimenti religiosi.
Nonostante le ambizioni, [REC]³ non riesce ad essere ciò che vorrebbe, alternando momenti riusciti ad altri di sonora caduta, seminando l’impressione di avvicinarsi sempre di più alla saga di Resident Evil, in versione più rustica e ovviamente in salsa europea. Un film dunque che si sforza ad ogni costo di essere originale, rendendo palese il fallimento del proprio obbiettivo. Finora il capitolo più debole di una saga che poteva, senza ombra di dubbio, chiudersi in quanto dittico.