EROTIC THRILLS - Doppio taglio
Il primo neo-noir firmato dallo sceneggiatore di "Basic Instinct" è un buon thriller che inverte il classico ruolo della femme fatale e offre un ritratto duro e cristallino dei rapporti tra i sessi negli anni Ottanta.
[Questo articolo fa parte di uno speciale monografico dedicato alla figura eversiva, politica, erotica della femme fatale, nato dalla convinzione che «l’immagine, ancor più se sessuale, è sufficiente a creare una narrazione (dei generi, del pensiero, della cultura, del mercato)». L’immagine crea, e il cinema «fa ancora la differenza», nonostante tanta parte del contemporaneo sia volta oggi alla produzione di immagini-corpo depotenziate, depauperate, inviluppate di teoria e rivendicazione intellettuale desessualizzata. Incentrato sul neo-noir (dal revival postmoderno di Brivido caldo all’eccesso parodico di Sex Crimes), questo speciale nasce come risposta a tale condizione imperante e prende corpo da un testo specifico, Brivido caldo – Una storia contemporanea del neo-noir, di Pier Maria Bocchi. A lui abbiamo chiesto un’introduzione, che potete trovare qui, in cui vengano tracciate le linee guida del nostro lavoro, per una riscoperta del potere eversivo del desiderio].
Affinché possa essere raccontata ogni storia ha bisogno del suo punto di vista, e Hollywood non fa eccezione. Il cinema e i film sono una storia che ci raccontiamo, che ricostruiamo e tramandiamo, e per farlo usiamo il concetto di “autore”, incaselliamo registi ed elenchiamo filmografie, collezioniamo dvd, blu-ray e files di questo o quel regista, leggiamo e studiamo monografie. I motivi storici di ciò sono noti, e altrettanto quelli pratici: funziona. Purché certo lo strumento dell’autorialità venga applicato con una certa consapevolezza, ricordandoci che ci sono altri punti di vista e personaggi che possono raccontare questa grande storia delle immagini. Ad esempio gli sceneggiatori.
Joe Eszterhas è uno di questi, ed è un personaggio che si ricorda. Storicamente resta famoso per esser stato, lungo diversi anni, lo sceneggiatore più pagato di sempre – suoi i 3 milioni di dollari sborsati dal produttore Mario Kassar per la sceneggiatura di Basic Instinct – ma soprattutto la sua figura resta legata a un genere, quello del neo-noir erotico anni Novanta, di cui meglio di tanti incarna i tratti più ambigui, urlati, pruriginosi. La sua autobiografia, edita nel 2004, si intitola Hollywood Animal e il nome è già tutto un programma. Nella ricostruzione di Eszterhas la terra dei sogni è una giungla in cui c’è spazio soltanto per gli istinti più bassi, carnali, ferali, è una bolgia popolata da produttori sessisti e penne arriviste, registi spietati e attori-bestiame alla mercé del più cinico e despota di turno. Piacerebbe ad Ellroy, forse, Hollywood Animal; di certo è una cartina tornasole magnificamente efficace di quei meccanismi di potere, sessisti e classisti, che animano la società delle immagini e da lì le sue stesse sceneggiature. Compreso questo Doppio taglio, primo suo neo-noir a diventare film dopo i successi di F.I.S.T. e Flashdance, prodromo di Basic Instinct e riflesso di un mondo e di un decennio – la Reagan Society degli anni Ottanta – fatti di arrivismo, materialismo edonistico e corpi fatali usati come armi contundenti.
La città è già San Francisco, il meccanismo lo stesso del capolavoro di Verhoeven: un assassinio brutale ancora senza colpevole, un accusato sospetto che si fa attrazione fatale, chi è incarico di indagare vacilla, cede, si perde nella tentazione del corpo. Ma l’intuizione centrale del film diretto da Richard Marquand (suoi La cruna dell’ago e Il ritorno dello Jedi) è quella di ribaltare il ruolo dei generi sessuali in gioco, così da avere un’avvocata (Glenn Cose) impegnata a difendere un miliardario (Jeff Bridges) accusato di uxoricidio. Di fatto Doppio taglio mette in scena un homme fatale, ritratto con le stesse modalità espressive della controparte femminile, mentre a dover scoprire la verità troviamo una donna costretta a combattere per il proprio ruolo – professionale e di genere – dentro una società che cerca di espellerla come agente estraneo.
L’universo maschile ritratto dal film scritto da Eszterhas è fortemente tossico e misogino, ma di quest'impalcatura valoriale non si fa certo veicolo ma specchio, riflesso rivelatore. Lontano da ogni esternazione "morale" (come farà, meglio e con immane consapevolezza, Basic Instinct) Doppio taglio è il tipo di film che potrebbe esser accusato di sessismo e protervia maschile solo da chi confonde tra loro tema e sguardo delle immagini, ciò che è davanti con ciò che è dietro la macchina da presa. Quello diretto da Marquand infatti è un thriller onesto e teso capace di riflettere, in modo cristallino e senza compromessi, il gioco dei sessi e la declinazione politica del dominio di certi corpi tipico degli anni Ottanta, in cui la bellezza e il fascino diventano corrispettivi di tanti ritratti di Dorian Gray nascosti sotto il tappeto. Certo, Marquand non è un Verhoeven ma ha senso ribadirlo? Basic Instinct è un capolavoro per quel che il magnifico outsider olandese è stato in grado di trarre da Eszterhas; Doppio taglio è solido ed efficace cinema di genere, un meccanismo che corre lungo tutta la sua durata alternando sapientemente tempi e modi da legal thriller con atmosfere tipicamente neo-noir, sfiorando l’estetica del serial killer e la metafisica erotica del tempo ma senza mai farsene pienamente carico.