Scemo e più scemo 2
A 20 anni di distanza i fratelli Farrelly tornano al film del loro esordio, con un sequel riuscito solo in parte ma arricchito da un inaspettato e sottile senso di tristezza
Inaspettatamente sono i bellissimi titoli di coda di Scemo e più scemo 2 a restituirci con limpidezza il senso ultimo dell’operazione tentata dai fratelli Farrelly, che tornano alle origini del loro cinema e ad uno dei più grandi successi della commedia demenziale anni Novanta. Nelle immagini finali infatti i giovani Lloyd ed Harry dialogano a colpi di fotogrammi incrociati con le loro versioni più anziane, in una nostalgica evidenziazione del tempo che passa non priva di fascino e di una certa, solitaria, tristezza. I due infatti, prima di essere gli idioti protagonisti di un tipo di commedia ormai superato, sono anzitutto corpi, volti, movenze, che tornano a presentarsi invecchiate e che raccontano il cambiamento anzitutto dei loro protagonisti, Jim Carrey e Jeff Daniels. Dove il primo continua imperterrito in una carriera altalenante e poco convinta mentre il secondo abbandona per lo più il grande schermo a favore della grande scrittura di Alan Sorkin su The Newsroom.
In questo senso Scemo e scemo 2 è soprattutto l’occasione per autori e attori coinvolti di tornare sul luogo del misfatto a 20 anni di distanza, un lasso di tempo nel corso del quale l’ensemble hollywoodiano si è radicalmente rivoluzionato. Ma rispetto ai nuovi assetti i Farrelly, Carrey e Daniels restano fedeli alla loro formula, squisitamente anacronistica, con il risultato di realizzare un film che nel suo essere fuori tempo fa da ponte tra l’anarchia belushiana degli anni Ottanta e l’infantilismo volgare con riflessione a latere di marca Apatow.
Non tutto funziona in Scemo e scemo 2, che se a volte centra a perfezione bersaglio e tempi comici altre sbanda pericolosamente, cercando una regressione infantile talmente spinta da mal nascondere la povertà di idee. Ma soprattutto non funziona lo sguardo dei Farrelly, diluito e allungato in un orizzonte televisivo privo di qualunque scintilla o guizzo. Pur nella consapevolezza della doverosa capacità del cinema di farsi occasionalmente idiozia, in Scemo & scemo 2 è proprio il respiro cinematografico a venire meno, risucchiato nella piattezza di immagini il cui sguardo rinuncia a priori a farsi risata, scarto comico. Troppe volte infatti i Farrelly abdicano a loro stessi, lasciando tutto in mano della sceneggiatura e dello slapstick immortale di Carrey e Daniels. Che per fortuna, in quest’assenza di immagini forti, restano tali e quali al passato seppur invecchiati, e si caricano tutto il film sulle loro spalle sghembe e dinoccolate, assieme al peso di una solitudine un po’ triste un po’ scema che il tempo evidentemente non ha contribuito a colmare. Anzi, come dimostra l’iniziale scherzo di Lloyd ad Harry di fingersi storpio e incosciente per anni, il tempo stesso è una risorsa da sfruttare solo al fine ultimo della risata, anche se poi al finire del riso rimane un curioso senso di solitudine, mitigato soltanto dalla presenza reciproca.
Scemo e scemo 2 è allora un ultimo fuoco, imperfetto ma ideale per riscontrare la distanza cui oggi si pone la commedia americana dall’infantilismo naif di metà anni Novanta, ben diverso dai turbamenti perennemente sessuali degli adulti non cresciuti di Seth Rogen e Will Ferrell. L’idiozia di Lloyd ed Harry, bambini intrappolati in corpi adulti e sempre più invecchiati, è anagraficamente asessuata e di conseguenza solitaria. Loro non possono preoccuparsi di figli e matrimoni, non possono divertire con le ossessioni della prima esperienza erotica o la caccia all’avventura extraconiugale. Per Lloyd ed Harry non c’è spazio neanche per la droga, tanto che le metamfetamine cucinate dall’inquilino di Harry in versione Breaking Bad diventano caramelle per bambini, mentre il sesso resta qualcosa di misterioso e vagamente ripugnante per quanto non privo di fascino. Così era nel 1994, così è ancora oggi.