L'umanità

di Bruno Dumont

Nel secondo lungometraggio di Bruno Dumont, l'umanità inquieta del regista trova ulteriore forma in un'impossibilità lancinante, come un urlo soffocato dal transito di un treno.

l'umanità - recensione film Dumont

Presentato in concorso alla 52esima edizione del Festival di Cannes nel 1999, L’umanità, secondo lungometraggio di Bruno Dumont dopo il successo de L’età inquieta (Caméra d’or come menzione speciale nella sezione Quinzaine des Réalisateurs nel 1997), viene accolto in maniera contrastante. L’opera viene bistrattata da molti, un oggetto non ancora identificato e identificabile all’interno dello scenario coevo, nonostante, alla luce delle produzioni successive, preannunci e delinei chiaramente alcuni aspetti che caratterizzeranno il cinema del regista. L’umanità potrebbe essere inserito, insieme ad altri titoli, nel filone New French Extremism, termine coniato dal critico James Quandt sulle pagine di Artforum per definire una serie di opere realizzate tra la fine del secolo e i primi anni 2000, in cui emerge una commistione tra violenza animalesca, profili psicologici disfunzionali e sessualità problematiche. Il cinema du corps, come viene definito invece da Tim Palmer, a cui sono state associate figure tra cui Olivier Assayas, Gaspar Noé, Catherine Breillat, François Ozon, Marina de Van, Claire Denis, Bertrand Bonello, Leos Carax, Romain Gavras, Philippe Grandrieux, per citarne alcuni oltre che Bruno Dumont, cerca di shockare la coscienza dello spettatore nella ricerca dell’estremismo grafico.

Nonostante L’umanità non si indirizzi verso il genere horror come ad esempio Alta tensione (2003, Alexandre Aja), Frontièrs (2007, Xavier Gens), À l’intérieur (2007, Alexandre Bustillo e Julien Maury) o Martyrs (2008, Pascal Laugier), fin da subito mostra un elemento teso a sconvolgere lo spettatore. L’inquadratura rimane una decina di secondi fissa sul sesso completamente sfregiato di una adolescente. A venir traumatizzato è anche Pharaon, l’ispettore assegnato per risolvere l’omicidio. La quotidianità di un villaggio del nord della Francia sembra venir stravolta da questo assassinio, ma fino a un certo punto. Le proteste e gli scioperi in fabbrica continuano, così come la quieta vita di paese, ma non è questo il fulcro della narrazione. Al centro abbiamo il triangolo amoroso che coinvolge il poliziotto, la sua vicina di casa Domino e il suo compagno Joseph. Pharaon ha una passione quasi morbosa per la donna, ne è (segretamente) innamorato ma impossibilitato a possederla, anche nel momento in cui questa gli si concede. Se l’ispettore è un inetto e impotente, contrariamente Joseph esibisce una mascolinità attiva, una virilità accentuata e brutale, evidenzata soprattutto nei rapporti sessuali quasi animaleschi che intrattiene con la fidanzata. L’atto d’amore diventa atto di violenza, violazione. Pharon è incapace ad agire sia fisicamente che verbalmente, un personaggio non di parola, come accadrà anche per il protagonista di Hors Satan (2011). Il detective sembra tuttavia cercare disperatamente il contatto fisico con le persone, abbracciandole e baciandole, tranne la madre, quasi fondendosi con il loro spirito. Ecco che emerge l’elemento del titolo, l’umanità del protagonista, l’elemento spirituale piuttosto che sacrale. Il poliziotto è un’altra figura cristologica, come il personaggio de L'età inquieta, pronto ad accogliere ed espiare i mali del mondo. Tutto questo potrebbe essere, tuttavia, una pura e semplice illusione, il male è insito nella condizione umana. Le ultime due inquadrature ribaltano l’assunto e potrebbe essere il martire ad aver compiuto il peccato originale.

D’altronde, nonostante ci sia un’apparenza di realtà riconducibile alla scelta dell’ambientazione, alla storia narrata, vengono inseriti elementi e situazioni paradossali, surreali ed enigmatiche, che interrogano lo spettatore. Più che la dicotomia realtà/finzione, in questo caso si tratta del rapporto tra visibile e invisibile, il mondo sensibile da una parte e la dimensione spirituale dall’altra. Il non filmabile viene tenuto fuori campo, rimandato all’universo extradiegetico della pittura, come nel dipinto che ritrae la bambina, un richiamo all’adolescente uccisa ma della quale non conosciamo il volto. Schiacciati e sovrastati da un paesaggio naturale e dell’anima, i corpi tesi sono pronti ad esplodere, un urlo che però viene coperto dal transito di un treno.

Autore: Samuel Antichi
Pubblicato il 13/10/2020
Francia 1999
Regia: Bruno Dumont
Durata: 141 minuti

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