Twentynine Palms

di Bruno Dumont

Bruno Dumont realizza il suo film più feroce e spiazzante, in una California anti-hollywoodiana dove la bestialità umana diventa l'unico referente visivo.

twentynine palms - recensione film dumont

I raggi del sole infuocano le terre aride di Twentynine Palms, California. E riflettono i sentimenti altrettanto inariditi dei due protagonisti. Due viaggiatori, in pena, nel desolato deserto di una terra di nessuno, regno di una natura primordiale, non più madre, ma matrigna e carnefice.

Bruno Dumont realizza nel 2003 il suo film più estremo e lampante, presentato al Festival di Venezia dove ebbe un’accoglienza tutt’altro che positiva. La storia è molto semplice: un uomo e una donna, si amano, si odiano, viaggiano. L’asciuttezza di Dumont in Twentynine Palms raggiunge un livello di tale rarefazione da rendere la visione violenta e al tempo stesso toccante. Katia, interpretata dal volto segnato di Katja Golubeva, e David procedono a bordo di un Hammer nei rettilinei californiani, fermandosi ai piedi di pale eoliche o tra le rocce polverose per sfogarsi in amplessi violenti che utilizzano come pacificatore di una relazione rabbiosa. I capricci della ragazza o i dispetti dell’uomo sono segnali di un’insoddisfazione condivisa. Ma in questo film Dumont cerca l’ovvio, non richiede l’analisi approfondita di personaggi, che non sono altro che la personificazione di sintomi. Segnali di ogni tipo, amplificati da un paesaggio potente e inquietante, preannunciano una tragedia già scritta ma Dumont, qui, per un momento, elude l’ovvio con un inaspettato che porta comunque a un finale che lo spettatore non può che immaginare.

La semplice linearità della storia segue il percorso del viaggio su infinite strade del paesaggio statunitense. Dumont, nella terra di Hollywood, realizza l’opera più antinarrativa e antispettacolare della sua filmografia - curioso come invece negli ultimi lavori si sia avvicinato al musical, lo spettacolo per eccellenza (seppur a modo suo!). La bestialità umana, descritta nei suoi film precedenti come L’umanità o L'età inquieta, in Twentynine Palms diventa unico referente visivo. L’arido delle terre californiane fa da contorno a un sentimento prosciugato da qualsiasi accezione positiva, rincuorante. Ogni atto sessuale è un omicidio, perché ne prefigura il dolore, il pianto e le urla. Dumont realizza un film su una carnalità ormai mortifera, scevra di qualsiasi erotismo o atto d’amore. Le due creature ferine si muovono nello spazio della loro relazione ormai perita, senza mettere in piedi un discorso politico, così come gli amanti di Zabriskie Point o le strade a doppia corsia dei newhollywoodiani. Lo spazio circostante diventa teatro claustrofobico e stringente. Nella filmografia di Dumont Twentynine Palms è la visione più faticosa e catartica. Perché solo un film che sfida così tanto la logica di una narrazione accondiscendente può portare l’autore a realizzare quel capolavoro spirituale di Hors Satan, summa della sua opera.

(Menzione particolare alla dolcissima scena del gelato, a ogni revisione risulta sicuramente il momento più triste e profetico dell’intero film).

Autore: Andreina Di Sanzo
Pubblicato il 25/10/2020
Francia, Germania, USA 2003
Regia: Bruno Dumont
Durata: 119 minuti

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