Il Re
David Michôd firma un originale Netflix che ringiovanisce il materiale di partenza ma ne appiattisce le potenzialità e le dinamiche potenzialmente più forti.
Nonostante le sue debolezze, questo nuovo originale Netflix contribuisce a rendere la carriera di Joel Edgerton sempre più interessante e ad affermare l’attore come uno dei più autoriali della sua generazione. Dopo le incursioni alla regia e alla produzione in Regali da uno sconosciuto – The Gift e in It comes at night, l’attore australiano si è reso protagonista di una riscrittura del mondo shakespeariano. Il re, infatti, ha offerto ad Edgerton la possibilità di affiancare David Michod nella stesura della sceneggiatura e di interpretare John, fidato consigliere di Enrico V e modellato sulla figura di Falstaff.
Dopo la morte del Re d’Inghilterra, Enrico IV, tocca al giovane figlio prendere le redini del suo Paese. Hal è un ribelle e non ne vuole sapere di alimentare le complesse dinamiche guerrafondaie della sua nazione. Eppure, sarà proprio in guerra che il ragazzo si “trasformerà” in Enrico V e dimostrerà ai suoi sudditi di essere in grado di ereditare il potere paterno.
Come si evince dal volto del giovane Timothee Chalamet, Il re è un prodotto Netflix costruito tenendo in considerazione un target ben preciso. I protagonisti del singolare adattamento, infatti, sono giovani alle prese con un complesso percorso di formazione, che, sulla carta, dovrebbe portarli a posizioni differenti rispetto a quelle di partenze. E, in effetti, a destare sospetti non sono tanto le conclusioni quanto il cammino poco convincente intrapreso da personaggi che non sembrano mai dilaniati dal peso e dalle conseguenze delle loro decisioni. La guerra è mostrata come un destino che si tramanda da padre e in figlio e da cui quest’ultimo è impossibilitato a fuggire. Ogni dinamica territoriale e geopolitica deve essere necessariamente risolta nel fango e nel sangue. Tuttavia, è molto probabile che la principale responsabile della costruzione di questo percorso poco convincente sia stata proprio la semplificazione applicata alle dinamiche del racconto.
Se, da un lato, la scelta di rinverdire il contenuto con il dichiarato obiettivo di conquistare un target giovanile porterà a compimento il suo proposito, dall’altro le ricadute relative allo svolgimento di un compito privo di particolari guizzi ed energia restituisce la sensazione di un compito svolto in modo diligente ma senza l’ambiguità e la sfrenatezza che avrebbe meritato. Nella restituzione di un racconto di formazione avvinghiato alla complessa dinamica degli intrighi di corte, Il re fallisce perché mette in atto una politica placida ed innocua, più attenta a fornire un vademecum sui modi in cui evitare di trasformarsi nei propri padri che a costruire un racconto forte e coinvolgente.
Considerando la presenza di un attore intelligente come Joel Edgerton, partito dall’interessante spunto di giovanilizzazione del progetto, è un peccato che il risultato definitivo, nonostante un apparato visivo degno di nota ed in grado di saper maneggiare l’immaginario di genere, si risolva in modo così sufficiente e privo di mordente.