August 32nd on Earth
L'esordio di Denis Villeneuve è una storia d'amore che gioca con l'assurdo, trae linfa vitale dalla Nouvelle vague e getta le basi del futuro cinema del regista canadese.
Come si inizia una carriera eclettica e brillante, un percorso refrattario a ogni inquadramento e capace di portare avanti negli anni una propria identità, pur confrontandosi sempre con generi diversi?
Denis Villeneuve, agli esordi nel 1998, decide di farlo con un film omaggio alla Nouvelle vague, una storia di affetti e amori nascosti che pesca a piene mani da quel senso dell’assurdo che attraverserà poi a fasi alterne tutta la sua carriera. Il risultato è August 32nd on Earth (Un 32 août sur terre), presentato nella Certain Regard di Cannes e da lì nei festival di mezzo mondo, prima tappa di un viaggio che porterà il regista canadese a lavorare dentro e fuori da Hollywood, in un doppio passo che ne fa oggi uno degli autori più interessanti del cinema americano.
31 agosto: Simone è una giovane modella che vediamo sopravvivere di fortuna a un violento incidente automobilistico nel mezzo del nulla. Dopo un ritorno alla civiltà e un breve ricovero in ospedale, decide di cancellare il suo viaggio in Italia, abbandonare il lavoro e chiamare l’amico di una vita Philippe, al quale propone di fare l’amore per avere un bambino che possa crescere poi da sola. Lui accetta, ma a una condizione: il rapporto deve avvenire nel deserto. Non c’è altra scelta allora che partire, direzione lo Utah e le distese del Grande Lago Salato, desolazione lattea di cristalli abbaglianti dove tentare di rimescolare i propri destini. L’unico problema è che siamo arrivati ormai al 35 d’Agosto, date impossibili si susseguono l’una dopo l’altra dal giorno dell’incidente, alla vita forse si è sostituito il sogno e la morte, o magari il cinema stesso. Alla fine comunque arriva Settembre, e la parabola di Philippe e Simone trova una sua seppur triste conclusione.
Dai ripetuti jump-cut all’acconciatura di Simone stile Jean Seberg (chiamata direttamente in causa da un poster nella casa di Philippe), Un 32 août sur terre è un film che nasce evidentemente da un confronto diretto con il cinema francese, Godard e Truffaut su tutti, ma non mancano anche riferimenti più generali all’autorialismo europeo del secondo Novecento. La coppia dispersa nel deserto ci rimanda a Zabriskie Point, ma al contrario della rilettura di Twentynine Palms filmata da Dumont qui la vicenda è colma di avvenimenti e imprevisti, meno drammatica, e vicina per certi versi al Lynch più ironico. Simone e Philippe attraversano ambienti alienanti e assurdi, ma il loro è un percorso a tappe che forse li avvicina a una storia d’amore impossibile, imprevista per entrambi. Un viaggio che Villeneuve ci restituisce con un’evidente volontà di sperimentare e mettere alla prova il proprio linguaggio, che lavora costantemente di opposizioni visive in cerca di un’identità che esuli dal semplice omaggio cinefilo.
Siamo lontani certo dallo spesso formale che caratterizzerà il cinema del canadese da Polytechnique in poi, tuttavia sono già evidenti quelle capacità che renderanno i futuri film di Villeneuve esperienze estetiche di indiscutibile potenza.
Dal punto di vista tematico a emergere è una visione dell’esistenza umana come movimento indecifrabile, all’interno del quale le vite dei personaggi risultano spesso in balia del caos apparente. Non a caso il film successivo sarà chiamato Maelstrom, riferimento diretto a quella illeggibile casualità che domina i personaggi di Villeneuve da Un 32 août sur terre in poi. Tutti, che si tratti di figli in cerca dei segreti materni, poliziotti alle prese con rapitori pedofili, o semplicemente studentesse vittime casuali di un pazzo, vivono sulla propria pelle il caos dell’esistenza, sul quale cercano di sovrapporre, per quanto e come possibile, un barlume di razionale umanità.