Shiva Baby
La giornata dell'adolescente Danielle a un funerale ebraico diventa pretesto per un racconto spassoso che mette sotto accusa i propri personaggi con arguzia e ironia
Originale esordio nel lungometraggio della canadese Emma Seligman, Shiva Baby è una commedia graffiante e grottesca che attraverso lo sguardo smarrito dell’adolescente Danielle descrive un microcosmo saturo di ipocrisie e tensioni. Tutto si svolge nell’arco di una giornata durante un funerale ebraico, lo shiva del titolo, al quale la ragazza viene trascinata suo malgrado dalla madre apprensiva e ossessiva che non riesce a smettere per un istante di battibeccare col padre, bonario ma sbadato in modo quasi esasperante.
Al funerale Danielle incontra Maya, l’amica/nemica con cui in passato ha avuto una relazione (“ha sperimentato”, dirà sua madre quasi a ostentare una disinvoltura e un’apertura che forse non le appartengono fino in fondo) e, inaspettatamente, anche Max, l’uomo con cui segretamente va a letto in cambio di denaro e regali costosi. A far precipitare vertiginosamente le cose, in un crescendo ironico quanto ansiogeno, farà la sua comparsa la giovane e bellissima moglie di Max con bambina al seguito (moglie di cui Danielle ignorava l’esistenza), mentre Maya, gelosa e piccata, deciderà di giocare un brutto tiro alla sua ex amante.
La regista mette a nudo impietosamente, con acume e sagace ironia, le storture e gli eccessi di un contesto circoscritto che conosce bene per esperienza personale; la cifra espressiva che predilige, quella del grottesco, tira fuori l’assurdo e il paradossale dal quotidiano rovesciandolo davanti agli occhi dello spettatore, a cui non resta che lasciarsi ipnotizzare dalla spassosa sfilata di personaggi sopra le righe che, con le bocche sempre troppo piene di cibo e parole insincere, si protendono sulla povera, attonita Danielle, interrogandola, opprimendola e soffocandola. Perché lei, a differenza, della “rivale” Maya, non studia legge, anzi è molto indecisa sul proprio futuro, perché non ha un fidanzato, perché è troppo magra…. o più probabilmente perché gli adulti che la circondano – genitori compresi - non resistono alla tentazione di metterla, indifesa, sotto la lente di ingrandimento, ora per esibirla e lodarla, ora per sminuirla e ridicolizzarla. Danielle, dal canto suo, scalpita e si divincola, sempre sul punto di esplodere: i genitori ne temono le battute sarcastiche e la sincerità rabbiosa e dirompente, e Max - prevedibilmente - è semplicemente terrorizzato all’idea di essere scoperto e perdere così non tanto l’amore della moglie, quanto il denaro di lei (lo stesso con cui ha acquistato il costosissimo bracciale che Danielle sfoggia al polso).
Con pochi tratti essenziali Seligman riesce a mettere in piedi un costrutto complesso in cui oltre a una riflessione non banale sull’adolescenza, il bisogno di emanciparsi e l’ambivalenza delle relazioni sentimentali e familiari si intravede la trama più ampia di un discorso sulle contraddizioni del femminismo e sulla sessualità come momento esperienziale di formazione e come possibilità di autoaffermazione.
Sostenuto da un ottimo cast, nel quale brilla l’attrice protagonista Rachel Sennott - già interprete di una serie TV comica – Shiva Baby colpisce per la sua freschezza e per la sua incisiva espressività.