The Gunman
Film pesantemente affetto da una crisi di identità, incerto fra action movie e opera di denuncia politica, con un trio di attori mortificato da personaggi privi di spessore e verosimiglianza
Usciti dalla visione di The Gunman si scopre che la propria capacità di valutare i film necessità di un ulteriore riflessione: ci sono film fieramente brutti, tenaci nel perseverare un preciso stile orripilante, e altri che non possono essere considerati nemmeno tali perché incapaci di scegliere un modello narrativo , spaziando fra forme diverse per trarne confusamente gli elementi che si spera capaci di attirare l’attenzione dello spettatore. Così il film di Pierre Morel non trova il coraggio di decidere se essere fino in fondo un fumettone cinematografico, una storia di denuncia sociopolitica o un viaggio personale nell’ambiguità morale dell’essere umano; The Gunman è un po’ di tutto questo, nella misura in cui si propone di offrire un prodotto grossolanamente confezionato con una dose di violenza ludica corretta da una morale semplicistica - per non dar l’idea di voler solo godere di scontri a fuoco particolarmente coreografati - e l’inevitabile storia d’amore.
Quel che fa piangere il cuore però è veder incastrati in questo giocattolone cinematografico attori come Sean Penn, Jasmine Trinca e Javier Bardem, impossibilitati, malgrado il loro indiscutibile talento, a tirar fuori un residuo di spessore emotivo dai loro personaggi, benché collocati dentro una vicenda che pretenderebbe di risultare drammatica. Il protagonista, Jim Terrier, è il classico killer mercenario, freddo e preciso, che offre senza far domande i propri servizi a clienti spinti dagli interessi più avidi; ma l’ultimo incarico ricevuto rivela problematiche morali che l’uomo non si era mai posto prima. Siamo nel 2006 in Congo, durante il sanguinoso conflitto africano, e Terrier, ufficialmente assunto da un ONG come protezione militare sul campo, deve in realtà uccidere un ministro congolese i cui piani politici contrastano con coi progetti economici di un’importante multinazionale. Una volta compiuta la missione dovrà lasciare il paese, ma stavolta sarà più duro obbedire, perché Jim si è innamorato di una dottoressa del villaggio, corteggiata anche dal suo capo. Compiuto il suo dovere Terrier parte per tornare solo alcuni anni dopo, evidentemente pentito del suo vecchio stile di vita, con l’intento di aiutare la popolazione locale, quando l’arrivo di alcun sicari intenzionati a eliminarlo lo induce a cercare i vecchi compagni di lavoro per scoprire chi lo vuole morto e perché.
Basta il nome di Pierre Morel per capire che The Gunman intende inserirsi nel filone iniziato dal suo primo Io vi troverò dove un attore conosciuto per la profondità del suo estro interpretativo – vedi Liam Neeson – accetta a sorpresa il ruolo monotematico dell’ex assassino in pensione che deve tornare a confrontarsi con un istinto omicida che credeva di aver ormai soppresso. Sean Penn ne ricalca il modello, alternando potenza fisica a fragilità mentale, ma il tutto si svolge in maniera troppo veloce, isterica, in modo da privare di verosimiglianza quelle scene che dovrebbero suggerire una tensione sentimentale tale da giustificare la ridondante insistenza delle sequenze d’azione. I personaggi di Trinca e Bardem sono quelli che maggiormente vengono sopraffatti da una trama confusa e poco ispirata che non concede allo spettatore nemmeno la consolazione di una qualche minima empatia, o interesse per ciò che accade sullo schermo. Così, The Gunman rivela la mancanza del coraggio necessario per essere un film almeno coerentemente brutto: è solo inutile.