Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line
A James Mangold non interessa tanto l’amore, quanto l’impegno e la necessità dello stare insieme. Il suo è un cinema adulto sulla coppia e sulla sua messa in scena.
Più che un film confezionato per l’Oscar – o per interpretazioni da Oscar (Reese Witherspoon Miglior attrice nel 2006), come alcuni addetti ai lavori lo classificarono frettolosamente al tempo della sua uscita in sala – Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line appare come un lucido concept laboratoriale di tutti i temi portanti della filmografia mangoldiana.
Primo punto. James Mangold è uno dei pochi cineasti che crede veramente nella coppia. Non tanto nell’amore, di quello la storia del cinema è evidentemente satura tra film e poetiche autoriali, ma nella coppia come figura concettuale e drammaturgica. Il suo è un cinema costantemente giocato sul doppio: due uomini (Le Mans ’66), due donne (Ragazze interrotte), un uomo e una donna (Kate & Leopold, ancora Le Mans ’66, appunto Walk the Line). Come fosse la versione country di un film di Lelouche, Walk the Line racconta due destini incrociati che attraversano il tempo e lo spazio. È effettivamente difficile capire quando si innamorano di preciso Johnny Cash (Joaquin Phoenix) e June Carter (Witherspoon). Lo sono già al loro primo incontro? Lo diventano alla fine, quando June risponde di sì alla dichiarazione di Johnny in pubblico? Non proprio. In verità i due si uniscono durante… nel corso del tempo (del) tour. In una dimensione astratta, on the road, che assumerà contorni sempre più ispirati nei successivi film diretti da Mangold. Del resto l’esperienza del tour è quella del movimento e della performance. Ecco allora che Walk the Line è un piccolo testo sulla velocità e sull’attraversamento dello spazio (Le Mans ’66), ma anche sul labile confine tra verità e finzione, nonché sulla prossemica dell’altro, sulla giustapposizione di un character (“personaggio”) con un altro.
Ecco appunto il doppio che dialoga tra sé, riproduce in scena se stesso attraverso il duo musicale. Walk the Line mette insieme due personaggi e li trasforma in una coppia dentro un processo interessante di avvicinamento e allontanamento che ha più a che fare con il percorso spirituale dei protagonisti – elemento distintivo di Mangold – che in quello fisico o sentimentale. Del resto Walk the Line non è film sul desiderio ma sulla forza della reciprocità. Grazie all’amore per June, Johnny riuscirà a superare le proprie fragilità e i conflitti con la figura paterna. Riuscirà a diventare un uomo e non un suo «surrogato», come a un certo punto gli rimprovera la prima moglie.
Ecco un altro punto: James Mangold fa un cinema per adulti, non per giovani. Se la nouvelle vague ha spesso raccontato l’euforia giovanile dell’innamoramento, Mangold preferisce concentrarsi sull’impegno dello stare insieme. Nella coppia di Mangold nessuno deve piacere all’altro, semmai “cristologicamente” ognuno deve salvare l’altro. Ecco la dimensione religiosa, evidente in Walk the Line come anche in Logan o in Cop Land. Se c’è amore in Mangold, c’è in quanto veicolo di salvezza. E comunque non c’è amore, se non c’è una coppia. Perché in Logan Wolverine muore? Perché non ha più la compagna che amava.
Sin dalla prima sequenza in cui Cash e Carter si incontrano sul palco, i due sono già... insieme. E in qualche modo lo saranno per tutto il film, al punto che la scelta di unirsi in matrimonio con cui termina il biopic è del tutto consequenziale a un processo performativo e psicologico già innestato. Molto inaspettatamente, nel modo di raccontare due amici che diventano amanti, il film finisce con il dialogare a distanza con l’altro grande film americano sul tema: Harry ti presento Sally. Come avviene anche nella commedia di Rob Reiner, l’unione finale tra i due cantanti non è allora necessaria per celebrare una coppia che è sempre esistita per lo spettatore e per i media, quanto per stabilire un legame determinante tra i sentimenti e la loro rappresentazione/rimozione.
Walk the Line è un film importante per Mangold anche perché rivela uno degli elementi fondamentali della sua poetica: l’annullamento delle distanze tra verità e finzione, performance e sentimento. «Devi cantare una cosa che senti davvero» dice il produttore alla prima audizione di Johnny Cash, che capisce subito e cambia repertorio. Una delle sotto-trame del film è l’ottenimento della sincerità: del musicista nei confronti del suo pubblico e dell’essere umano nei confronti dei suoi affetti. L’arte deve diventare vita. Deve essere vera. Johnny Cash non deve fingere di essere qualcun altro, ma essere Johnny Cash. E così, quasi inevitabilmente, lui e June Carter non devono fingere di essere una coppia sul palco, ma esserlo veramente.